di Tiziana Campisi

C’è bisogno di fare rete, “di condividere esperienze, conoscenze, metodologie e ricerche” per affrontare meglio le “sfide che mettono in gioco la sussistenza della famiglia cristiana e dei valori legati alla trasmissione della vita umana” e per questo occorre “creare un flusso di pensiero cristiano che sia tangibile, condivisibile e soprattutto comunicabile dalle università a coloro che formano i laici nella pastorale familiare”, e ciò allo scopo di far arrivare il pensiero cristiano alle nuove generazioni. È partita da questa considerazione la professoressa Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, nel suo intervento del 25 giugno al congresso sul tema “La salute relazionale nei vincoli familiari” che si è svolto a Città del Messico, all’Università Anáhuac, alla presenza di 60 partecipanti in presenza e oltre 260 online, provenienti da Ecuador, Cile, Colombia, Honduras, Argentina e Messico, e dal resto del mondo: Spagna, Italia e Libano.

Formare i laici alla cura delle relazioni

L’evento è patrocinato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e organizzato dalla Rete Internazionale Istituti Universitari della Famiglia (Rediuf), ente nato dopo l’Incontro mondiale delle famiglie di Dublino 2018 al quale hanno aderito più di 70 istituti e centri universitari della famiglia di tutto il mondo. Sottolineando che il Family Global Compact – il programma condiviso di azioni per la promozione della famiglia alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa lanciato da Papa Francesco lo scorso anno – ha posto all’attenzione della comunità accademica cattolica mondiale e delle conferenze episcopali la necessità di “sviluppare una cultura del riconoscimento e della cura delle relazioni”, di offrire assistenza e sostegno in situazioni di crisi, di garantire e rafforzare la formazione e la preparazione al matrimonio, di educare all’affettività e alla sessualità sulla base dell’antropologia cristiana e difendere i valori del matrimonio, la professoressa Gambino ha affermato che occorre impegnarsi per formare i laici ad un impegno pubblico e politico per restituire importanza e priorità alla famiglia in ogni ambito in cui si può generare bene comune.

Recuperare il valore della famiglia

Bisogna “recuperare il valore sociale e giuridico del matrimonio; riconoscere e sostenere l’apertura delle famiglie alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale; dare valore sociale, politico e giuridico ai legami familiari” ha evidenziato il sotto-segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita che ha indicato “tre tipi di impegni diversi, da sviluppare in modo integrato”: la revisione dei programmi di formazione accademica, di corsi e proposte di ricerca; l’apertura a scambi e condivisioni di esperienze accademiche; il confronto con i responsabili della pastorale familiare di diocesi e conferenze episcopali in maniera sistematica. Scambiarsi informazioni, contatti e progetti: questo il punto cruciale, in modo da aiutare i vescovi nel “mettere in campo mezzi per formare e accompagnare le famiglie ad essere ‘Chiese domestiche’, soggetti consapevoli nello spazio sociale ed ecclesiale”. La professoressa Gambino ha spiegato che oggi la secolarizzazione “e il nichilismo della nostra cultura che, nella vita pratica, si traduce in un vivere come se Dio non esistesse, separando drammaticamente la nostra realtà familiare e quotidiana dalla trascendenza, stanno conducendo a serie difficoltà nell’evangelizzazione e nella trasmissione della fede da una generazione all’altra, specialmente all’interno delle famiglie”. I giovani non si sposano, non vivono la vita ecclesiale, ha proseguito l’esperta, “vivono relazioni affettive e sessuali instabili, transitorie e sperimentali”, e per le precarie condizioni economiche e sociali in cui si trovano, “antepongono alla progettualità familiare e alla nascita dei figli la vita lavorativa e professionale”.

Vivere uno stile di vita cristiano 

Il problema è che “le famiglie non hanno gli strumenti per imparare a vivere al loro interno uno stile di vita cristiano, per avere tra loro quelle relazioni che aiutano ciascuno a crescere all’interno di processi educativi virtuosi”, ha chiarito il sotto-segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che propone ad università e ambienti pastorali e formativi di lavorare insieme, di interrogarsi su cosa resta oggi dei vincoli familiari e anche “di abbandonare strutture obsolete, modalità di evangelizzazione inefficaci, vecchi programmi di formazione che non danno risposte” ai giovani e “non favoriscono più la trasmissione della fede”. Se le famiglie tendono ad assumere forme complesse, con “legami di fatto e di diritto che nascono e che si sciolgono con estrema facilità”, tuttavia “tra questi legami familiari, seppur deboli, prendono forma alcune relazioni antropologiche fondamentali che nascono dai ruoli inscritti nei corpi sessuati”, ossia la maternità e la paternità, la fraternità, la filiazione, i vincoli intergenerazionali. “Più queste relazioni sono stabili ed equilibrate, più sono in grado di generare adulti solidi, maturi, coraggiosi nell’affrontare la vita, consapevoli della meta e dei valori che li devono guidare”, ha aggiunto la professoressa Gambino, evidenziando che numerosi studi “mostrano che la maggior parte dei soggetti a rischio di devianza proviene da situazioni familiari di scarsa tenuta dei legami”.

Lavorare sulla cultura dei legami

Per questo è importante “lavorare sul piano educativo ad una cultura dei legami”, mentre “sul piano normativo del diritto di famiglia sarebbe urgente valorizzare questi legami, piuttosto che renderli continuamente sempre più fragili e incapaci di tutelare i soggetti coinvolti”. Per tale motivo è necessario concentrarsi sul concetto di salute relazionale, da applicare “alla famiglia come soggetto sistemico e luogo di umanizzazione delle persone”, nella consapevolezza “che la famiglia, come ogni sistema di relazioni umane, è un sistema imperfetto, in evoluzione, mai uguale a sé stesso, poiché esprime le diverse fasi di crescita e di vita dei suoi membri”, tanto che nell’esortazione apostolica Amoris laetitia, ha ricordato la docente della Pontificia Università lateranense, Papa Francesco, ha elaborato una psicologia e una teologia dell’amore familiare consapevole del fatto che nella realtà “non esistono le famiglie perfette” e che “ogni famiglia richiede sempre un graduale sviluppo della propria capacità di amare”.

Il compito delle comunità ecclesiali

Con uno sguardo alla realtà contemporanea, la professoressa Gambino, ha rilevato che “l’abbandono della relazione coniugale nei primi anni di matrimonio, ma anche dopo 25- 30 anni” viene vista “sempre più spesso come la soluzione giusta per allontanare difficoltà e crisi e liberarsi di un peso”, per cui le difficoltà vengono spesso scambiate “per un segnale definitivo di disfunzionamento, di errore di persona e si mettono in discussione scelte fondamentali”. Di fronte a tutto ciò responsabilità della comunità ecclesiale è di accompagnare gli adulti, i genitori, e di preparare i giovani al futuro, a relazioni stabili, ha concluso il sotto-segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, per questo occorre “sviluppare conoscenze e competenze nuove, che possano aiutare la pastorale familiare nell’accompagnamento e nel discernimento familiare”, è necessaria “una ri-comprensione dei ruoli familiari, delle funzioni educative, degli spazi relazionali”, bisogna “sviluppare capacità di comunicazione per rendere l’intero nucleo familiare più competente” e infine “rendere gli adulti generativi per aiutare i bambini ad attraversare quelle naturali crisi della crescita, che servono loro per umanizzarsi”. 

Fonte: Vatican News