L’Alta Corte decide «nel suo migliore interesse», d’accordo la famiglia adottiva. Un caso simile era stato dibattuto a giugno ma i giudici avevano acconsentito ai nonni di farsi carico del nascituro

L’Alta Corte di Londra ha disposto la scorsa settimana che una ragazza disabile sui vent’anni, incinta da dodici settimane, debba interrompere la gravidanza nel suo «miglior interesse». La giovane, di cui non può essere resa nota l’identità, soffre di un ritardo che riduce le sue capacità cognitive a quelle di una bambina. Il pronunciamento del giudice David Basil Williams conferma il giudizio già espresso in merito dalla Court of Protection, il tribunale britannico che gestisce le controversie per cittadini incapaci di intendere e volere. L’ospedale a cui la ragazza era stata indirizzata da medico e servizi sociali ha dunque l’autorizzazione a procedere con l’aborto.

Un caso molto simile era stato dibattuto in aula lo scorso giugno ma, in quella circostanza, l’Alta Corte aveva rovesciato la posizione del tribunale di garanzia per i disabili perché la famiglia della ragazza per cui era stato chiesto l’aborto, anche lei con gravi deficit, si era offerta di prendersi carico del bambino che sarebbe nato. Il tribunale aveva però stabilito che, appena dopo il parto, la donna, cattolica di origini nigeriane, venisse sottoposta, nonostante la contrarietà della madre, a un trattamento di contraccezione. In questo caso, invece, nessuno farà appello alla decisione del giudice: l’aborto chirurgico è auspicato anche dalla famiglia adottiva con cui la giovane, originaria dell’Inghilterra del nord, ha vissuto gran parte della sua vita prima di essere affidata ai servizi sociali.

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