di José Tolentino Mendonça, cardinale, teologo e poeta, voce tra le più influenti del Portogallo, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. 

Mi sono fermato a pensare su quanto lo scrittore spagnolo Manuel Vilas ha dichiarato: «La famiglia continua a essere il motore della storia. È la nostra riserva indiana» dell’affetto. Davvero la famiglia non è unicamente un’invenzione culturale. Le spetta un ruolo e, di conseguenza, anche una dignità che precedono la cultura stessa – poiché essa emerge come radice dell’esistenza. Spesso ce ne rendiamo conto soltanto molto tempo dopo, quando ripercorriamo con la memoria il significato di quei legami vissuti lungo i quali l’amore circolava incondizionato, quando ponderiamo la smisuratezza della loro gratuità e comprendiamo in tal modo la grandezza del dono che la famiglia mette in circolo.

Per qualche ragione vitale, ognuno di noi ha bisogno di una famiglia. La famiglia non è una cosa statica e preesistente; è un dinamismo. Non vive della nostalgia di una mappa idealizzata, ma è una chiamata oggettiva, una strada che si riconosce via via che la percorriamo, un cantiere permanente, plastico e ricco di possibilità. Non può essere il pilota automatico a determinare il destino di una famiglia: questa è un compito in cui viene messa in gioco la possibilità di essere felici, un’avventura che si va scoprendo, e riscoprendo, in continuazione, che esige l’investimento totale delle nostre forze e anche al di là delle nostre forze, ma per qualificarci in una forma umana decisiva. Che cosa significherà pregare per la mia famiglia?

Fonte: Avvenire