di Mariolina Ceriotti Migliarese

Ma le donne amano gli uomini? Non: se ne occupano, li sopportano, li accudiscono, li curano. La domanda che mi pongo è proprio se li amano; la domanda è se noi donne li amiamo: se ne comprendiamo la specificità, il valore, la bellezza. Se li apprezziamo davvero. Se sappiamo amarli malgrado la loro fragilità, che così spesso ci delude.

Non è facile per un maschio accontentare una donna, perché in ciascuna di noi, segretamente, ci sono aspettative altissime, legate nell’inconscio all’ideale astratto del padre: generoso, coraggioso, forte, sicuro di sé, ma anche capace di cura e di tenerezza. Un padre da ammirare, e che ci guarderà come figlie speciali. Un padre che in realtà nessuna di noi ha davvero avuto, semplicemente perché i padri umani sono solo dei papà “normali”, con pregi e difetti. Ma nella sproporzione delle percezioni e dei desideri infantili ha preso forma in noi questa immagine ideale, e nell’incontrare il maschile, continuità con il maschile paterno, il desiderio inconscio si riattiva: l’uomo che amiamo e che ci ama sarà finalmente capace di saturare questo desiderio.

All’inizio di una relazione d’amore questo sembra avverarsi: lo sguardo innamorato di un uomo apre la donna alla sua femminilità, la aiuta a vedere e conoscere se stessa. Sentirsi amata, apprezzata, scelta, le permette di confermarsi nella sensazione di avere valore e le dà una sicurezza nuova. L’uomo che sa guardarla così si fa spazio nel suo cuore. Ma subito al di là dell’innamoramento, la costruzione di un rapporto di coppia pretende una parità difficile: chiede di uscire dall’idealizzazione reciproca e di accettare l’altro nella sua realtà. Chiede perciò di accogliere anche le zone d’ombra e le fragilità, non come elementi di delusione, ma semplicemente come dati reali, con cui dobbiamo imparare serenamente a confrontarci.

Io credo che questo passaggio sia particolarmente difficile soprattutto per le donne, mentre, secondo la mia esperienza, gli uomini sono in generale più disposti ad incontrare la realtà della donna così com’è, senza cessare di desiderarla. Potrei esprimermi così: quando una donna “si spoglia” per consegnare la sua intimità, l’uomo la sente più vicina e desiderabile; la vulnerabilità della donna, la sua stessa fragilità, non rappresentano un limite all’amore dell’uomo. Ciò che lo disamora è incontrare uno sguardo che non sa accoglierlo, che lo giudica, che lo sminuisce. Ma quando è l’uomo che “si spoglia” per affidarsi a sua volta, la donna incontra una vulnerabilità che la sgomenta: la fantasia dell’uomo-padre, potente e sicuro, cui consegnarsi con fiducia, incontra la realtà di un uomo vero, con tutti i suoi limiti, le sue esitazioni, le sue paure e incertezze; l’uomo che si consegna a lei è anche un uomo-figlio, e questo disorienta l’inconscio.

Forse per questo motivo le donne sono spesso tanto critiche con gli uomini che hanno scelto: faticano a trovare in se stesse l’equilibrio giusto, per amare la realtà che incontrano e accettare la sua naturale imperfezione. La posizione di figlia e la posizione di madre sono entrambe asimmetriche, e non permettono perciò una vera relazione di scambio. Per dare inizio a uno scambio vero, bisogna accogliere il tema della differenza: per la donna, si tratta di comprendere il maschile come vero portatore di novità, come punto di vista differente e originale sul mondo. È questo il punto di partenza possibile per la curiosità e per l’ amore.

Fonte: Avvenire