di Giovanna Sciacchitano
Un dossier della rivista di spiritualità coniugale Intams fa il punto sui matrimoni interconfessionali. Esperti e testimoni concordi: la vita coniugale armonizza le differenze meglio di tante teorie
I matrimoni interconfessionali, i cosiddetti matrimoni misti, sono ormai una realtà e una pratica diffusa in molti Paesi. L’argomento è stato affrontato nell’ultimo dossier della rivista International Academy for Marital Spirituality che ha sede a Lovanio, in Belgio e di cui proponiamo una sintesi.
Secondo una ricerca recente, in Canada, per esempio, sono stati celebrati più matrimoni tra cattolici e persone di un’altra tradizione cristiana rispetto a quelli fra cattolici. La situazione è simile in Germania e in Australia, dove i matrimoni interconfessionali si avvicinano al 40% delle unioni.
“Superare i confini”, per usare un’immagine oggi diffusa, riguarda tutti gli aspetti della nostra vita. Sempre più persone si sposano nonostante differenze di lingua, cultura, tradizioni, costumi ed esperienze di vita e la religione è un’altra dimensione della vita umana. Nessuna di queste differenze rappresenta oggi un ostacolo per le relazioni intime. Le differenti tradizioni religiose non sono più viste come ostacoli a un coinvolgimento sentimentale o a una vita condivisa, anche se la coppia ha vedute diverse del mondo e diverse considerazioni etiche. Le realtà “endògame” sono sempre meno attrattive. È giunto il momento di rivisitare il modello di ecumenismo a quasi 60 anni dal Concilio Vaticano Secondo. Nel periodo post-conciliare papa Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI e papa Francesco hanno valorizzato giustamente le coppie interconfessionali come “laboratori di unità cristiana”, ma sembra che il passo da una visione ideale alla realtà dell’unità cristiana sia ancora lungo. Spetta a noi fare questo passo. L’unità cristiana non può essere raggiunta attraverso l’ “orto-teoria”, ma soltanto nell’ “orto-pratica”. I coniugi interconfessionali che hanno ricevuto lo stesso battesimo, hanno rafforzato la propria unione intima nel sacramento del matrimonio e vivono la propria fede nell’impegno cristiano, vivono l’unità cristiana a volte più vividamente di coloro che hanno un’affiliazione e aderenza stretta alla propria Chiesa.
Don Francesco Pesce, sacerdote della diocesi di Treviso, docente di teologia pastorale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Treviso e direttore del “Centro della Famiglia”, Istituto di cultura e pastorale della diocesi di Treviso, mette in discussione la posizione secondo cui una differenza nella fede impedirebbe l’armonia dei coniugi (un giudizio che ha dominato nella Chiesa cattolica fino al Concilio Vaticano II). In realtà l’armonizzazione delle differenze è un ampio e costante compito di ogni coppia, ma favorire l’unità della vita coniugale e della famiglia non è solo e non principalmente un fatto di fede. Si riferisce a un largo ventaglio di dimensioni: relazionale, sessuale, psicologica, sociale ed economica. La sfida di armonizzare le differenze, di cui la fede è un aspetto, deve essere approcciata dall’unità che gli sposi hanno già sperimentato nelle loro vite. E che ha implicazioni anche nella condivisione dell’eucaristia.
Occuparsi di coppie miste aiuta a comprendere meglio la vita di ogni coppia. Prima di tutto ogni coppia deve far fronte al compito di armonizzare le differenze, senza negarle. La differenza nel modo di vivere la fede è una sfida per ogni coppia, anche per i coniugi che appartengono alla stessa Chiesa. Questo aspetto non è spesso tenuto in considerazione da coloro che accompagnano le coppie nel loro percorso di fede e di amore. Una differenza nella fede cristiana non è una minaccia in quanto tale, ma una delle molteplici differenze che una coppia deve fronteggiare. Inoltre, una coppia interconfessionale ci fa capire che il punto di partenza di ogni cosa è l’unione della coppia. La relazione d’amore offre, poi, nuovi elementi al tema della comunione ecumenica perché il linguaggio dell’amore della coppia e il linguaggio della fede cristiana sono gli stessi.
Il vescovo Munib Younan, già presidente della Federazione luterana mondiale, si augurava che entro il 2017 fosse possibile per cattolici e luterani condividere la mensa eucaristica come segno concreto di comunione tra loro. Questo non è ancora accaduto, ma possiamo dire che il linguaggio del “letto comune” (l’unione della coppia) fa luce sulla comprensione della “tavola comune” (condivisione della fede) che significa che la differenza della fede non è un ostacolo insormontabile per un matrimonio unito e armonioso. Come afferma papa Francesco, ogni coppia deve trovare il modo per condividere la propria fede e fare il proprio cammino verso la tavola comune.
Un esempio di coppia unita nonostante le differenze è quella di Matthew E. Chen e della moglie Marie che vivono in Texas. Matthew, di origine cinese-americana, è stato battezzato nella Chiesa unita congregazionalista di Cristo, cresimato nella Chiesa episcopale e infine si è convertito alla fede della Chiesa ortodosso orientale. Marie è cresciuta in una famiglia cattolica nel New England. Tutti e due figli di genitori credenti e praticanti, si sono presto dovuti scontrare con le divisioni dei riti cristiani. «Quando Marie ha accettato la mia proposta di matrimonio sapevamo che avremmo dovuto affrontare le differenze tra le nostre due tradizioni, non solo per il nostro matrimonio, ma anche nella nostra vita comune – scrive Matthiew -. Per sposarmi Marie ha ricevuto due dispense dall’arcidiocesi cattolica: la prima per sposare un cristiano non cattolico e poi per sposarsi in una Chiesa non cattolica, nel nostro caso, la locale cattedrale episcopale».
La coppia non ha ricevuto l’eucaristia a causa delle diverse pratiche religiose e per i pareri discordanti di parenti e amici. Come giovani sposi hanno frequentato alternativamente le funzioni nella chiesa dell’uno e dell’altro. Un ulteriore problema si è posto con la nascita del primo figlio che desideravano battezzare. In ogni caso non sarebbe stato possibile in futuro condividere tutti e tre l’Eucaristia. Il battesimo è stato celebrato senza troppi problemi, con un approccio ecumenico, come per il matrimonio. Si è svolto in una chiesa episcopale e celebrato da un sacerdote cattolico. Quando la famiglia, pochi anni dopo, si è trasferita in Virginia dove è nata la figlia il battesimo è stato celebrato nella parrocchia cattolica della famiglia di Marie. Il diacono cattolico si è offerto di benedire i due genitori, proposta che la coppia ha accettato. Affrontare le domande spirituali e pratiche di due tradizioni della cristianità da tempo lontane che hanno così tanto in comune è una sfida per la vita familiare. Tuttavia, offre un’opportunità per imparare, dialogare e lavorare verso l’unità, benché imperfetta e parziale.
Un’altra coppia mista e molto unita è quella di David e Joyce Makumi, conosciutisi nel 2000 nell’ospedale Aga Khan di Nairobi. Entrambi infermieri, sono di fede diversa. Joyce, con radici anglicane ha abbracciato il movimento pentecostale, mentre David, con il papà presbiteriano e la mamma cattolica, è stato battezzato e cresciuto in seno alla Chiesa cattolica. Per il matrimonio i fidanzati hanno scelto la cappella dell’Università cattolica Saint Paul. Hanno discusso la liturgia con il sacerdote che avevano conosciuto nel movimento del Rinnovamento carismatico cattolico. Hanno scelto la liturgia della parola e l’amministrazione del sacramento del matrimonio senza Messa perché Joyce non avrebbe potuto ricevere la Comunione e questo sarebbe stato motivo di imbarazzo per tutti. I pastori della Chiesa pentecostale di cui Joyce è membro sono stati invitati. I testimoni erano cattolico e pentecostale.
Il rinfresco è stato universale: nessuno si è preoccupato se un cattolico, un anglicano, un metodista, un musulmano o un indù o persino un pagano avessero cucinato il cibo. Gli invitati hanno mangiato in amicizia in un clima molto gioioso. Si è vissuto il paradosso di condividere tutti gli altri cibi, mentre sappiamo che siamo molto distanti dal condividere l’eucaristia alla mensa del Signore.
Joyce e David dicono: «La nostra fede è cresciuta nel tempo, alimentata dalla convinzione che Dio è semplicemente Dio. Le confessioni religiose e le loro differenze sono costrutti umani e non hanno alcuna rilevanza su come e chi Dio sceglie per testimoniare la sua misericordia e il suo amore».
Fonte: Avvenire