di Maurizio Patriciello.
Cacciata dalla porta, eccola, sotto mentite spoglie, fare capolino alla finestra. Parlo di quella sensazione strana, illogica, che pretende di far prevalere il tuo pensiero su quello altrui. Chi di noi non ha preso parte a convegni, giornate di studio, dibattiti dove le diverse voci avevano tutte il diritto di esprimersi alla pari?
La vita di tutti i giorni, però, il più delle volte, contraddice nei fatti ciò che avevamo teorizzato. Ci sono cose sulle quali converrebbe andarci piano, per non remare contro i nostri stessi interessi e quelli dell’intera umanità. Da sempre, nella trasmissione della vita, i poveri e i ricchi sono stati, più o meno, sullo stesso piano. Il figlio fatto in casa, immediatamente, stabiliva con i genitori un rapporto unico e irripetibile. Nei suoi confronti, i genitori, nutrivano sentimenti di amore, di abnegazione, di altruismo uniti a un pizzico di egoismo. Il figlio del bracciante, del minatore, dell’operaio era figlio suo, alla stregua del figlio del latifondista o del principe. Unicuique suum.
Nonostante certi uomini continuassero, sovente, a essere lupi per i loro fratelli, la natura, tentava di stabilire una sorta d’ impedita democrazia. La lotta tra ricchi e potenti da un lato contro la stragrande maggioranza degli uomini non ricchi e non potenti dall’altro, ha attraversato e attraverserà la storia fino alla fine dei tempi.
Passi avanti se ne sono fatti, e tanti, nel corso dei secoli, ma occorre rimanere vigili perché i rigurgiti dettati dal cuore degli uomini siano tenuti a bada. È incredibile come, avendo sconfitta in tanti paesi civili la schiavitù e dopo essersi vergognati per i monumenti che i loro nonni avevano dedicato a certi figuri, il mondo sembra chiudere un occhio su un’altra, moderna schiavitù ben più perniciosa e devastante. Di “utero in affitto” non si dovrebbe nemmeno parlare, senza arrossire. È talmente evidente, in questo campo, il mafioso strapotere degli uomini già nati, potenti, ricchi su quelli che verranno e sulle donne, in particolare quelle più povere dei paesi poveri, che a parlarne si rischia di offendere la ragione.
Come sempre s’inizia con lo stiracchiare le parole per impedire loro di dire ciò che serenamente vorrebbero dire. In questa luce il commercio dei futuri nati e lo sfruttamento delle loro mamme viene definito un “atto di amore”; e un neonato prenotato e comprato al di là dell’oceano viene considerato “figlio” dal committente.
Qualche domanda s’impone: che cosa è un figlio? Quando diventa figlio? Può bastare una legge per dire che quel frugoletto è figlio tuo? Sei certo che domani non ti rinfaccerà di averlo sottratto alla sua mamma – che rimane la sua mamma – e portato via? Domande immense che toccano il cuore stesso dell’umano e che necessitano di attingere all’antico deposito filosofico, culturale, religioso per una seria e altruistica riflessione. Chesterton: «È necessario recuperare le realtà veramente umane: la volontà, ossia la morale; la memoria, ossia la tradizione; la cultura, ossia il retaggio culturale dei nostri padri…».
Un solo grido deve risuonare sulla terra: No all’utero in affitto. È un abominio.
C’è però, in tante care persone, il desiderio di un figlio, che non possono avere. È vero. Occorre andare loro incontro. Chi soffre merita sempre di essere preso seriamente in considerazione. Attenzione però a non confondere un desiderio – legittimo quanto vuoi – con un diritto. Tanta gente soffre e in modo atroce per i più diversi motivi. Che fare quando le soluzioni non ci sono? Penso a Maria e a suo marito. Hanno accompagnato, in questi giorni, al cimitero il loro quarto figlio. In passato, in due momenti diversi, avevano già pianto gli altri tre. Adesso, alle soglie della vecchiaia, sono rimasti terribilmente soli. Che risposta dare a cotanto, lacerante dolore se non quella della vicinanza, della solidarietà, della carità, della condivisione e – per chi crede – della fede?
Si può essere “padri” e “madri” in tanti modi. Il vero amore tutto dona, e niente o poco chiede per se stesso. I diritti sono veramente tali solo quando non schiacciano i diritti, la dignità e il futuro degli altri. La tentazione è forte ma bisogna resistere. Nessun vero progresso l’umanità potrà vantare finché ai più poveri tra i poveri, i bambini non ancora nati, non sarà riconosciuto il diritto alla vita e quello di rimanere con la sua mamma e il suo papà.
Fonte: Avvenire
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