Nozze e famiglia un “privilegio” di classe. E la sinistra americana oggi si interroga sull’importanza del legame coniugale come una risposta alle disuguaglianze

Gli americani hanno meno figli che mai e il tasso di fecondità, in calo da quattro anni, comincia a preoccupare demografi ed economisti. Allo stesso tempo la classe media statunitense perde potere d’acquisto e la disuguaglianza sociale aumenta, nonostante la produttività sia alle stelle e la disoccupazione ai minimi storici. Un quadro sociale così complesso sta costringendo la sinistra Usa a rivedere gli strumenti che propone tradizionalmente ai propri elettori per cercare soluzioni ideologicamente non ortodosse. Come quella che sta emergendo con prepotenza in questi mesi nel dibattito liberal: e se una risposta ad alcuni dei problemi che affliggono la società americana fosse, semplicemente, il matrimonio?

Fino a una decina d’anni fa, sarebbe stata un’idea impensabile. Per quasi cinquant’anni il matrimonio è stato infatti una fonte di profondo conflitto culturale negli Stati Uniti. Dagli anni ’60, il Paese si è diviso sul valore delle unioni coniugali riconosciute dallo Stato secondo prevedibili linee destra/sinistra, con interpretazioni opposte del ruolo dell’istituzione nella formazione e la stabilità della famiglia, nell’uguaglianza razziale, nei diritti delle donne e nei valori di base della società. Ma la realtà è cambiata. Se negli anni Ottanta la divisione principale fra coppie sposate e non sposate era culturale ed ideologica, oggi sono le élite liberal (concetto che negli Stati Uniti corrisponde a una posizione di stampo socialdemocratico e al partito democratico), ben istruite, spesso laiche, a far rivivere la tradizionale famiglia con due genitori e un impegno comune a unire le forze per avere figli e investire nel loro futuro. I dati demografici sulla denatalità nascondono infatti particolari interessanti.

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