Se due corazzate come Economist e Wall Street Journal ospitano in pochi giorni tre articoli fortemente critici sul tema dell’identità di genere e delle transizioni di genere nei ragazzini vuol dire che sta succedendo qualcosa di importante. I lettori di Avvenire hanno già letto di un contenzioso all’Alta Corte di Londra, richiesto dalla mamma di una ragazzina autistica di 15 anni in attesa della transizione di genere, da una infermiera della Gids (Gender Identity Development Service), l’unica clinica inglese che tratta problemi connessi con l’identità di genere, e di una de-transitioner di 23 anni che vuole tornare a essere donna, cioè del genere di nascita, dopo essere stata sottoposta a trattamenti farmacologici e chirurgici irreversibili.
Un primo articolo dell’Economist ha dato conto di altri due contenziosi sull’attivismo transgender, uno per la libertà di parola e l’altro contro alcuni testi sui transgender per i bambini delle scuole primarie. Valutazioni negative, poi, sui farmaci bloccanti la pubertà ai preadolescenti con disforia di genere, a cui il settimanale ha dedicato un secondo articolo, sottolineandone le tante criticità – l’irreversibilità del percorso, la scarsa attendibilità dei dati sui suicidi fra i ragazzini transgender, la necessità di un consenso informato più adeguato. Si parla anche dell’aumento dei de-transitioner, cioè di coloro che si pentono della transizione e cercano di tornare indietro: lo scorso novembre si sono ritrovati in un convegno a Manchester, annunciando la fondazione del «Detransition Advocacy Network», una rete di supporto a chi vuole tornare al genere di nascita. […]
Caustico il commento ospitato dal Wall Street Journal, che va alla radice della questione dell’identità di genere, distruggendone i presupposti e recuperando elementari verità. Significativamente titolato «La pericolosa negazione del sesso», il pezzo porta la firma di due biologi, Colin Wright e Emma Hilton: dice che negli umani i sessi sono due, maschile e femminile, necessari per riprodursi, e che un terzo sesso non esiste. Ma soprattutto afferma che «negare la realtà del sesso biologico e soppiantarlo con la soggettiva ‘identità di genere’ non è solo una eccentrica teoria accademica. Solleva serie preoccupazioni per i diritti umani di gruppi vulnerabili incluse le donne, gli omosessuali e i bambini». Le donne rischiano di perdere la protezione legale basata sul sesso, come categorie sportive separate, mentre l’omosessualità perde significato se i sessi non sono distinti, e non ha alcun senso scientifico parlare di attrazione verso chi ha la stessa identità di genere.
Leggi tutto l’articolo di Assuntina Morresi su Avvenire
Leggi l’articolo di Colin Wright e Emma Hilton sul Wall Street Journal
Sulla nascita del «Detransition Advocacy Network»