“La qualità delle relazioni è un aiuto formidabile anche contro il male. Niente può compensare il valore delle relazioni autentiche: esse sono una forma potente di protezione di fronte alle minacce e una possibilità di esprimere il meglio di sé”.
A ricordarlo è stato ieri sera il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, nella sua riflessione che accompagna la recita del Rosario, diventato dallo scorso 11 marzo appuntamento fisso, anticipato alle 21 dal suono delle campane per invitare le famiglie e i singoli alla recita attraverso i social media. “Ogni persona sarà ricordata soprattutto per ciò che ha amato, più che per ciò che ha fatto – ha detto il vescovo parlando dalla cappella della Madonna del Popolo in cattedrale -. Quando si va in un cimitero le lapidi non sono certo il massimo della verità, ma fa pensare il fatto che ci sia quasi un ritornello martellante per chi rimane, che invia sempre il medesimo messaggio: ‘Figlio devoto’. ‘Padre e nonno’. ‘Adorato figlio unico’. ‘Moglie e madre esemplare’. ‘Sorella’. ‘Moglie’. ‘Madre’. Se ne ricava un’indicazione preziosa: alla fine non ci definiamo più per quello che abbiamo fatto o siamo stati, ma per quello che abbiamo significato per gli altri. Per quanto abbiamo amato e siamo stati amati a nostra volta”.
Relazioni, per mons. Pompili, “come essenza, come sale dell’esistenza, soprattutto di questi tempi. E la famiglia ne è la forma più quotidiana e determinante. Nelle scorse settimane, di fronte all’emergenza, la famiglia ha svolto un lavoro enorme: è stata scuola, ufficio, chiesa, ristorante, ma soprattutto alleanza tra generi e generazioni, luogo di custodia degli affetti e delle speranze. Non sempre deve essere stato facile, ma la famiglia è la risorsa che non passa a dispetto delle trasformazioni sociali ed economiche perché rappresenta il primato dell’essere sul fare”.