Card. Zuppi (Bologna), “la Chiesa non è un insieme di associati”
È stata richiamata più volte l’enciclica di Papa Francesco ‘Fratelli tutti’ durante la prima sessione del Convegno nazionale degli incaricati di pastorale familiare, tenutasi oggi pomeriggio in modalità virtuale. Ad approfondire i passaggi riferiti alla famiglia è stato in particolare il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna.
“Dobbiamo – ha detto – imparare a vivere nella casa comune del mondo non da estranei o indifferenti ma come fratelli e scoprire che non possiamo non esserlo a cominciare da noi. La Chiesa non è un insieme di associati. L’estraneo è socio”. “Le pandemie – ha ricordato – c’erano pure prima: pensavamo di vivere in un mondo sano mentre era già malato. È bastato un virus per farci rompere la bolla di sapone e capire che siamo tutti nella stessa barca. Non è scontato che usciremo migliori, di sicuro cambieremo”.
Il grande nemico di ‘Fratelli tutti’, secondo Zuppi, è l’individualismo. “Passata la pandemia c’è il rischio di ricominciare a essere come prima. Per capire chi sono devo donarmi. Tutta l’enciclica si fonda su questa visione”. Il cardinale ha messo però in guardia dal credere che la vita si possa ridurre al nucleo famigliare: “Se la relazione della famiglia si apre agli altri è veramente sana e autentica”. Nel suo intervento, l’arcivescovo di Bologna ha infine ricordato le crisi sociali che in Italia la pandemia sta generando nelle fasce di popolazioni già in precedenza fragili e ha auspicato che “la politica si accorga dei problemi e risponda alle necessità”. (Fonte: AgenSIR)
p. Occhetta (Univ. Gregoriana), “come parrocchie dobbiamo donare spazi per centuplicare le relazioni”
“Come parrocchie dobbiamo donare spazi per centuplicare le relazioni”. Questo l’invito che lancia padre Francesco Occhetta, docente alla Pontificia Università Gregoriana, nel corso del Convegno nazionale degli incaricati di pastorale familiare.
“Attenzione alla trappola del populismo – avverte –, bisogna tornare alla centralità della famiglia che è la palestra dove si sperimenta la dimensione fraterna”. In riferimento all’enciclica ‘Fratelli tutti’ il docente invita a soffermarsi sulla VII parte. “Nei rapporti che si rompono – sottolinea –, invece di pagare con la vendetta, la Chiesa chiede di ricostruire i rapporti con la riabilitazione, la ristrutturazione dei legami rotti a partire dal dolore della vittima, da una dimensione di bontà. È un’utopia? Non abbiamo una terza via. Una famiglia può ripartire dalle parole, dalla formazione, dalla testimonianza, dalla costituzione del bene comune.
Il primo modo che vedo è di tenere le porte aperte sia delle famiglie sia delle chiese perché abbiamo bisogno di luoghi. Per la vita cristiana e la chiesa dire ‘ti amo’ significa ‘eccomi’. La prossimità si riprende nel bisogno, nella ricostruzione della verità e nella proposta di una dimensione. Le famiglie che tengono la porta aperta ci riempiono di vita. Più si spezza il pane, più noi riceviamo vita. Nello spazio pubblico come Chiesa dobbiamo porre il come vivere gli spazi e le relazioni, di come questo influisca sulla qualità della vita”. (Fonte: AgenSIR)