286 compilazioni delineano il volto della famiglia chiesa domestica
Nelle ultime settimane sono state condotte diverse indagini statistiche in relazione al tempo della pandemia, su gruppi demoscopici più o meno ampi. Così gli italiani sono stati intervistati sul loro stato di salute-malattia, sulle ricadute economiche delle restrizioni per imprese e famiglie, sull’organizzazione del tempo e la natura degli spostamenti fuori casa, sulle risorse e sui disagi psichici generati dal prolungato confinamento tra le mura domestiche, sulle loro prospettive future e su molto altro ancora.
Il presente questionario “Famiglia e fede al tempo del lockdown”, lanciato il 25 maggio e chiuso il 10 giugno 2020, elaborato dal Servizio pastorale per la famiglia e la vita della diocesi di Concordia Pordenone, si è posto un duplice obiettivo: offrire alle persone uno spazio di narrazione sulla propria esperienza di fede durante il digiuno dai sacramenti e dalla vita comunitaria, e mettersi in ascolto dei bisogni, delle fatiche, dei desideri, delle risorse spirituali delle famiglie.
Le cinque sezioni del format, composte da domande multiple sia chiuse che aperte, hanno riguardato le relazioni familiari, il rapporto con Dio, la percezione della vicinanza della Chiesa, il ricorso a strumenti, guide, sussidi offerti dagli uffici diocesani e dalle parrocchie per alimentare la preghiera, e infine, alla luce di tutto ciò, la concreta esperienza delle famiglie come chiese domestiche.
Le risposte raccolte, ci offrono uno spaccato di vissuti familiari in cui la fede risulta essere un elemento non opzionale, un valore, ove possibile, trasmesso e condiviso.
Lettura dei dati e prospettive
Questo strumento di indagine si offre alla Chiesa locale come un piccolo osservatorio, da cui lanciare uno sguardo prospettico sulle multiformi realtà familiari che la compongono e che sono portatrici di istanze, necessità (non solo economiche) e fatiche, spesso inespresse. I contesti familiari ritratti hanno rivelato delle preziose potenzialità da accompagnare, e al contempo una genuina bellezza di fede da valorizzare e portare alla luce.
Può essere che questo richieda in futuro di tarare o ripensare alcune delle tante iniziative di pastorale, laddove se ne constatino l’infruttuosità o l’inefficacia spirituale.
Se da tempo ormai viene riconosciuta la necessità di rinnovare l’approccio pastorale, questo non può che avvenire invertendo il punto di partenza dell’accompagnamento alle famiglie, creando nuovi punti di incontro, abbattendo le distanze e l’anonimato nelle relazioni, superando il timore della complessità dei loro tessuti relazionali e forse dilatando la prospettiva su cosa significhi e come si sostanzi la spiritualità familiare.
La fede incarnata nel quotidiano non può essere ricondotta esclusivamente alle pratiche devozionali e all’adempimento dei precetti, senz’altro importanti, ma ad un cammino in costante divenire. Molti hanno identificato l’esperienza di chiesa domestica con una migliore qualità delle relazioni interne ed esterne alla famiglia, più improntate all’accoglienza reciproca, all’ascolto, al tempo dedicato gli uni agli altri, come frutto della preghiera. Ciò a dire che la fede riguarda e tocca tutte le dimensioni del vivere, le relazioni in primis.
Ogni contesto domestico insegna che esiste un cammino personale, di coppia, familiare, che rivela i segni di un rapporto con Dio come risultato di esperienze personali di incontro/accoglienza nella fede, di esempi edificanti di fedeli e sacerdoti, di profondi aneliti di bene, di verità, di Assoluto, come pure di eventuali omissioni, mancanze e/o ferite in questi ambiti.
In qualità di operatori di pastorale familiare ci sentiamo chiamati a tenere conto di tutto ciò: capiamo che può diventare importante reimpostare relazioni (ove necessario), ripensare al linguaggio ecclesiale, recepito ormai come criptico dalle giovani generazioni, recuperare e rendere partecipi le persone, le famiglie, della ricchezza dei simboli della nostra fede, con quell’atteggiamento di rispetto e attesa orante che ogni cammino interiore merita.
Daniela e Marco Baratella
Presentazione dei risultati
Composizione del nucleo familiare al tempo dell’emergenza covid-19
Delle 286 persone che hanno compilato il questionario, il 4% vive solo, il 30 % sono coppie, il 76% delle quali ha figli, l’ 8% condivide l’abitazione con i nonni, in altri casi si tratta di un solo genitore con uno o più figli.
Quanto all’età dei figli presenti, nel 24% dei casi si tratta di bambini sotto i 6 anni, il 39% ha tra i 7 e i 12 anni, il 33% ha tra i 13 e i 17 anni, e nel 40% dei casi i figli che vivono con i genitori sono già maggiorenni.
Quali difficoltà o fatiche sono state sperimentate in famiglia
Il 43% degli intervistati dichiara di non aver sperimentato particolari difficoltà durante la pandemia. Tuttavia, tra quelle citate emergono la fatica a gestire lo smartworking (26%), la difficoltà nel rapporto con i figli (23%), e in diversi casi a causa della didattica a distanza, le tensioni relazionali con il coniuge (14%), malattia o lutti in famiglia (9%), difficoltà economiche (8%), e per qualcuno si è trattato di gestire il panico, la solitudine, la paura, l’angoscia o uno stato depressivo.
Quali esperienze positive ha vissuto la famiglia nel lockdown
Il 78% delle persone ha apprezzato la bellezza di stare più tempo insieme, coinvolgendo i figli nelle attività domestiche (36%), giocando o dialogando con loro (27%). Il 16% degli intervistati ha apprezzato la possibilità di conciliare famiglia e lavoro, altri hanno apprezzato il fatto di aver potuto dedicare un po’ di tempo alla relazione di coppia (un quarto degli intervistati) alla preghiera, a sè stessi, alla casa, oltre alla possibilità di vivere con ritmi più lenti, non frettolosi.
Come è stata vissuta la dimensione della preghiera
La dimensione della preghiera è stata vissuta seguendo le messe in tv o in streaming (88%), con il rosario o altre devozioni (36%), con la lettura della Parola di Dio (26%) e/o utilizzando sussidi diocesani e altro materiale reperito sul web o fornito dalla propria parrocchia (21%). C’è chi ha fatto fatica a raccogliersi in preghiera (16%), e chi non ci è riuscito affatto (2%).
Oltre il 55% degli intervistati ha condiviso la preghiera in famiglia, sia regolarmente che occasionalmente, seguendo la messa in tv e/o recitando insieme preghiere come il rosario, mentre il 32% l’ha vissuta come momento personale.
Tra coloro che hanno pregato insieme in casa, il 41% pregava insieme anche prima della pandemia, mentre per il 31% si è trattato di un’esperienza nuova, che il 20% dichiara di voler continuare.
Coltivare la dimensione della fede ha aiutato a…
Coltivare la dimensione della fede ha aiutato le persone soprattutto ad alimentare la speranza (51%), a custodire la pace interiore (46%), a gestire la paura e l’incertezza per il futuro (41%), a contrastare la tristezza (31%), a dare conforto alle persone vicine (26%), a sentirsi meno soli, a sentirsi più uniti, ad accettare e guardare la realtà con occhi diversi, a sentirsi vicini alla comunità.
Cosa ha aiutato a far percepire la vicinanza della Chiesa nel lockdown
Ciò che ha maggiormente contribuito a far percepire la Chiesa vicina sono state le celebrazioni e le riflessioni di Papa Francesco (66%), gli appuntamenti e le proposte parrocchiali (56%), le iniziative diocesane (34%), altre proposte dal web (20%), le iniziative promosse da associazioni e movimenti (13%). Molti hanno indicato contemporaneamente più punti tra quelli citati.
Il progetto del Servizio per la catechesi #stoacasaconTe
Relativamente al materiale proposto ai fedeli per poter vivere la dimensione spirituale dai vari Uffici diocesani, ecco quanto è emerso. Il 29% degli intervistati afferma che il progetto #stoacasaconTe è stato di aiuto, mentre il 47% ha dichiarato di non conoscerlo, i restanti lo conoscevano ma non l’hanno seguito o lo hanno seguito solo saltuariamente. Il 13% ha consultato il sito del servizio per la catechesi per altri motivi.
Com’è andata con le altre proposte diocesane?
Il materiale proposto dal Servizio Pastorale giovani è stato di aiuto al 14% degli intervistati, mentre il 40% lo conosceva ma non lo ha utilizzato, e il 38% non sapeva della sua esistenza.
Il 6% degli intervistati ha seguito il materiale proposto dal Centro Missionario diocesano. Il 30%, pur conoscendolo, non lo ha adottato, il 59% non lo conosceva.
Il sito della pastorale familiare non era conosciuto dal 36% degli intervistati, il 18% lo ha visitato per restare informati su ciò che riguarda la famiglia, il 14% lo ha consultato per aggiornarsi sugli orari e i giorni delle celebrazioni trasmesse in streaming o in TV, il 34% non lo ha visitato o lo ha consultato solo talvolta.
Famiglia chiesa domestica, sì ma non senza comunità e sacerdoti
La metà degli intervistati conferma di aver fatto esperienza di famiglia come chiesa domestica. Il 28% dichiara di aver vissuto questa realtà marginalmente, il 15% identifica la chiesa fondamentalmente con la parrocchia. Molti hanno sottolineato l’imprescindibilità e l’indispensabilità della presenza della comunità parrocchiale e dei sacerdoti.
Quali aspetti particolari hanno caratterizzato l’essere chiesa domestica?
Tra le 111 risposte libere relative a qualche particolare aspetto dell’essere chiesa domestica, oltre un terzo delle persone indica la preghiera condivisa (spesso ai pasti) e/o la messa trasmessa in streaming o in TV seguite come famiglia. In alcuni casi si è trattato di allestire un angolo della casa per il raccoglimento personale e familiare. Per diversi l’essere chiesa domestica ha significato sentirsi più uniti, dialogare e riflettere in profondità, anche con persone lontane. Ma ecco alcune condivisioni:
- Abbiamo sperimentato la presenza di Dio nella quotidianità, nelle piccole cose e nei familiari. Ogni persona porta in sé un pezzetto di Dio.
- Tutto si è fermato, e lì nel silenzio abbiamo colto un pezzetto di Dio nei nostri familiari. Dio nella famiglia.
- La comunione, volere il bene dell’altro e la preghiera.
- Ho cercato di guardare me e mio marito con lo stesso sguardo di Dio.
- Essere uniti in Cristo attraverso la preghiera.
- Il sostegno reciproco, l’accoglienza, il perdono, l’ascolto e la parola.
- È stato bello condividere le celebrazioni soprattutto quelle di Papa Francesco, i ragazzi le hanno apprezzate molto anche se la liturgia in latino è per loro molto pesante.
- Il desiderio di poter ritornare nella Chiesa non solo domestica.
- Iniziare a pregare insieme.
- Aver saputo offrire ascolto alle persone che avevano bisogno di confrontarsi/sfogarsi/raccontarsi in questa insolita esperienza.
- La fatica di comunicarci ed interiorizzare una fede fuori dal “normale” vissuto in parrocchia ed in comunità
- La bellezza di essere tutti uniti e condividere le celebrazioni e la preghiera in particolare nel triduo pasquale insieme a papa Francesco.
- La catechesi virtuale.
- La certezza che il Signore ci è sempre stato vicino.
- Abbiamo condiviso molto, abbiamo reso partecipi i nostri figli che c’erano situazioni problematiche in persone a noi vicine e insieme abbiamo pregato.
- La messa parrocchiale in FB.
Cosa può aiutarvi a custodire la presenza di Dio nella vostra casa?
A questa domanda il 57% ha indicato la possibilità di dedicare più tempo al dialogo con Dio nella preghiera, il 29% la maggior frequenza della Messa, il 23% letture spirituali, come pure l’accompagnamento di una guida spirituale (24%), il 20% dedicare uno spazio della casa alla preghiera, il 19% frequentare percorsi di formazione umana e spirituale, il 13% vivere gli esercizi spirituali. Altri hanno indicato la preghiera condivisa con altre famiglie, la frequentazione di movimenti o comunità.
Vorrei aggiungere altre esperienze o aspetti vissuti questo tempo …
Un ultimo spazio, lasciato all’eventuale condivisione libera, ha raccolto 42 interventi. Eccone alcuni.
- Il momento che non dimenticherò è Papa Francesco, quell’uomo solo quando si è caricato sulle spalle tutte le nostre paure, sofferenze, e per molti la morte in solitudine, con la Sua preghiera ha rassicurato le persone a non temere perché non siamo soli e Dio non ci abbandona mai. Tutto questo con la preghiera ci ha aiutato a restare sereni durante le giornate del “io resto a casa”.
- Ho avuto modo di riflettere spesso sul valore della vita e sulla piccolezza e fragilità dell’uomo. Tutti Abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano le piccole cose che la vita ci offre e ci possono rendere felici, ma che spesso non vediamo.
- Abbiamo vissuto pace ed armonia e serenità, molta di più che in una situazione normale. Ci ha permesso di riflettere su noi stessi, rapporto di coppia e figli.
- Ho riscoperto la bellezza della lentezza, del vivere la casa, la famiglia, anche se lontano da alcuni affetti comunque importanti. Ho avuto paura perché non so se vorrò di nuovo essere coinvolta in tutte le iniziative nelle quali ero impegnato prima.
- Mi ha permesso di riflettere, di vivere senza fretta e la cosa più bella, immersa in un silenzio che dava pace alla mente.
- Abbiamo sperimentato la vicinanza della comunità in questo momento di isolamento attraverso il prezioso lavoro di stimolo delle catechiste (riflessioni e preghiere sul gruppo whatsapp del catechismo)
- Ringrazio Dio di aver potuto gustare di questo tempo.