di Vanna Iori, pedagogista, è ordinaria di Pedagogia all’Università Cattolica di Milano
Questo il tempo in cui la fragilità delle relazioni si traduce in patologizzazione. Ogni “zona grigia” del malessere diffuso viene spinta verso una dimensione medicalistica e clinica. Questa tendenza nasce dal totale disinteresse pubblico verso le questioni dell’educazione familiare: incontrarsi fra genitori e ricreare vicinanza è invece la strada giusta per agevolare la famiglia nei suoi compiti educativi
La famiglia è il luogo dove l’essere–con, costitutivo dell’umana esistenza, diventa un essere-per, nella relazione genitoriale che rappresenta il senso del prendersi cura. La famiglia è l’ambito fondamentale dell’umanizzazione della persona nell’esperienza educativa. Oggi si parla molto, e spesso in modo strumentale, di questa dimensione nei rapporti tra genitori e figli. Il diritto-dovere formativo è diventato infatti ancor più urgente, poiché i profondi cambiamenti che stanno contrassegnando i rapporti familiari, in continuo precario equilibrio tra sollecitazioni diverse, responsabilità, tempi, interrogativi, hanno indotto nei genitori e nei figli insicurezze e fragilità psicologiche nuove. Le ricerche e le informazioni mediatiche sono però predominanti sui bisogni e sulle fragilità dei figli. Vi è invece troppo silenzio sui disagi dei genitori “smarriti”, che non trovano risposte di fronte al malessere o ai comportamenti devianti dei figli.
Accanto a sentimenti di serenità, calore, intimità, vi è un innegabile diffuso disagio genitoriale nell’esercitare il ruolo di guida ed essere punto di riferimento significativo per la crescita educativa.
Proprio per la complessità nella fenomenologia di tale disagio è necessario individuare indicazioni orientative in prospettiva pedagogica e sociale. L’incertezza di molti genitori che si chiedono se sia ancora possibile educare i propri figli ha origine nella dissoluzione del tessuto del contesto sociale. Vi è silenzio, forse timore di mostrarsi inadeguati. Ciò rende sempre più arduo il compito di insegnare e trasmettere idealità e valori, di combattere il relativismo, l’indifferenza, il disagio emotivo, la sopraffazione e la violenza, di non assumere i modelli dominanti improntati alla sopraffazione o all’isolamento, di essere invece seme di cambiamento, di futuro, di speranza, di solidarietà.
La famiglia attuale è “orfana” di modelli in senso longitudinale e povera di confronti in senso trasversale. La solitudine nella quale si trovano i genitori e la carenza di relazioni con altre famiglie pongono in luce quanto sia difficile trovare sollievo e aiuto nei momenti di “normale” o eccezionale disagio. Le preoccupazioni educative dei genitori o le difficoltà comunicative restano in generale circoscritte all’ambito del solo nucleo, senza trovare una indispensabile via della condivisione con altre famiglie, del dialogo, dello scambio di esperienze e di percorsi di vita comunitaria. Il rafforzamento della genitorialità non può essere disgiunto dalla costruzione di reti più vaste di solidarietà e condivisione. Incontrarsi con altri genitori è fondamentale.
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