Parte la Fase 2 con non pochi interrogativi all’orizzonte, soprattutto per le famiglie con figli piccoli. Molti aspetti, infatti, sono da coniugare: dalle necessità primarie relative al provvedere a spesa e alimentazione, al mantenere un’esercitazione scolastica costante nonché promuovere attività formative e di evasione, come pure riuscire a trovare il modo per portare avanti il lavoro in smart working (laddove è concesso). Facile? Non proprio. Quando i genitori sono chiamati a tornare sul posto di lavoro, a chi lasciare i bambini? Dal territorio viene una proposta interessante – allo studio in questi giorni anche a livello governativo –, ovvero la ripresa delle attività per le strutture dei nidi famiglia “Tagesmutter” e in generale i servizi socio-educativi di tipo domiciliare.
Appena sbarcati nella Fase 2, non sono pochi gli interrogativi all’orizzonte, soprattutto per le famiglie con figli piccoli. Molti aspetti, infatti, sono da coniugare: dalle necessità primarie relative al provvedere a spesa e alimentazione, al mantenere un’esercitazione scolastica costante nonché promuovere attività formative e di evasione, come pure riuscire a trovare il modo per portare avanti il lavoro in smart working (laddove è concesso). Facile? Non proprio. Quando i genitori sono chiamati a tornare sul posto di lavoro, a chi lasciare i bambini? Ai nonni (per chi li ha vicini)? Ma se sono chiamati a rimanere in casa e a limitare i contatti esterni, data la fascia d’età a rischio, cosa fare?
Nidi famiglia “Tagesmutter”. Dal territorio viene una proposta interessante – allo studio in questi giorni anche a livello governativo –, ovvero la ripresa delle attività per le strutture dei nidi famiglia “Tagesmutter” e in generale i servizi socio-educativi di tipo domiciliare
esistenti in Italia che operano in ambienti protetti, facili da sanificare, che garantiscono accoglienza a piccoli gruppi di bambini in un rapporto 1 a 2 oppure 1 a 3, con un’età che può oscillare dai 3 mesi a 3 anni, come pure ai 6 anni.
Su questa linea, abbiamo sentito una realtà diffusa a livello nazionale, l’associazione non-profit “Scarabocchiando a casa di…”, rete di nidi famiglia che nasce dall’esperienza di una mamma di quattro figli, Katiuscia Levi, che nel 2006 ha avviato questa formula e posto le basi per un coordinamento nazionale. Nel 2020 si contano oltre 220 strutture in Italia (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), con circa 1.600 bambini ospitati nella fascia 0-3 anni, 139 educatori con contratti stabili, 60 collaboratori educativi e oltre 200 volontari.