di Mariolina Ceriotti Migliarese
Ricevo e commento questa lettera, che ruota intorno al ruolo dei nonni e al rapporto tra generazioni.
Cara dottoressa,
mia figlia ha da poco avuto il primo bambino e sono entrata nella schiera dei nonni. Io ho sempre lavorato, conciliando quattro gravidanze con un’attività professionale impegnativa e interessante, che prosegue tuttora anche se a ritmi più tranquilli. Me la sono cavata con l’aiuto di brave baby-sitter, che i nostri genitori ci aiutavano a finanziare. Mia figlia abita a pochi isolati da noi; ha un buon lavoro che riprenderà quando il piccolo compirà un anno e si aspetta da me un aiuto importante: vorrebbe che lo ritirassi dall’asilo alle quattro, per tenerlo fino all’ora del suo rientro. Dice che ora che sono più libera potrei concentrare la professione nelle ore del mattino e godermi il ruolo di nonna. Io mi sento in difficoltà: la verità è che vorrei dirle di no, ma non riesco ad avere chiaro se ho buoni motivi per farlo o se sono semplicemente un’egoista. L’idea di un impegno costante mi pesa; per tanti anni ho fatto i salti mortali tra i figli e il lavoro e ora vorrei godere un po’ di tranquillità; mio marito sta per andare in pensione e vorrei dedicargli più tempo. Che fare? Mi sento in colpa per questi pensieri…
In questo tempo in cui i nonni sono diventati sempre più indispensabili, mi sembra importante chiedersi qual è il compito di ciascuno e in che misura è dovuto l’aiuto di una generazione all’altra. Propongo dunque alcune riflessioni.
La prima è questa: diventare nonni non dipende da noi, ma è un dono speciale; l’essenza del dono è che quel figlio, quella figlia, arrivino con la genitorialità a una pienezza nuova, che li rende più adulti, e ci dà testimonianza che il nostro compito di genitori è stato portato a termine con discreto successo. Da questo momento i nostri figli diventano educatori allo stesso titolo con cui lo siamo stati con loro: la responsabilità tocca a loro e noi dovremo rispettare le loro scelte, che andranno prese in accordo dalla coppia. Essere nonni vuol dire avere consapevolezza di questa posizione e accettarla.
La seconda riflessione consegue alla prima: non abbiamo alcuna diretta responsabilità riguardo al nuovo nucleo familiare, ma continuiamo ad averne rispetto al nostro. Possono esserci altri figli e c’è comunque una coppia, che deve continuare ad alimentarsi e a crescere, affrontando una diversa fase della vita. La nostra più diretta responsabilità sta qui, e questo comporta adattamenti e reinvestimenti che nessuno a parte noi può decidere, come ad esempio la scelta se proseguire o meno un’attività professionale e in che forma. Non dobbiamo rinnegare la nostra vocazione, ma abbiamo ormai tutti gli strumenti per calibrare saggiamente gli investimenti, liberi dal peso di dover dimostrare qualcosa a qualcuno.
Tra questi investimenti c’è anche il tempo da dedicare ai nipoti, tempo ricco e prezioso che va deciso con libertà e senza sensi di colpa. Una disponibilità superiore alle forze reali e data solo per timore di essere considerati cattivi genitori non mi pare la cosa più giusta. Ci sono molti modi per sostenere le nuove famiglie e non necessariamente il migliore è quello di impegnare tutti i pomeriggi; dobbiamo valutare serenamente le nostre risorse: la nostra piena libertà di dire le cose è garanzia anche della loro libertà, senza manipolazioni o aspettative inespresse e pericolose.
Questo non significa sottrarsi all’aiuto tra generazioni: possiamo anche aiutare a pagare una baby-sitter; possiamo tenere i nipoti qualche sera o nel fine settimana perché i figli possano godere della loro vita di coppia; possiamo essere utili nelle vacanze estive: l’importante è che la disponibilità offerta corrisponda a una vera disponibilità interiore, che solo noi possiamo valutare in modo insindacabile. Il tempo con i nipoti sarà allora davvero un tempo bello perché liberamente scelto, e permetterà una relazione nella quale tutti avremo molto da guadagnare.