“Il matrimonio non è semplicemente l’unione tra compagni, come spesso si pensa oggi, ma offre quell’arena per imparare a diventare umani. Con l’attrazione erotica tra uomo e donna abbiamo quest’arena in cui deponiamo la nostra vita e siamo umanizzati. Il matrimonio per questo è un martirio – che non significa quanto devo ancora sopportarlo o sopportarla! – nel quale imparo a deporre la vita. E i figli, per quanto siano una benedizione, non sono l’obiettivo del matrimonio che non è finalizzato o definito dalla procreazione”. Lo ha affermato questa mattina padre John Behr, direttore del master in teologia del Seminario ortodosso St. Vladimir di New York, intervenendo al XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa sul tema “Chiamati alla vita in Cristo” che si conclude oggi a Bose. “Il matrimonio – ha aggiunto – non è finalizzato a preservare i valori tradizionali o il nucleo famigliare ma fornisce un orizzonte per raggiungere la pienezza della statura dell’essere umano che Cristo ci ha mostrato tramite la croce”. Oggi, invece, il matrimonio viene visto come “un’arena per la realizzazione del proprio benessere” e per questo rischia semplicemente di essere “una glassa religiosa sulla torta”. Behr ha ricordato che “è il martirio la forma di vita cristiana, vissuto nel matrimonio, nel monachesimo o nello stato non coniugato. La croce è una, ed è la stessa per tutti”, ha ammonito. La mattinata è stata conclusa dall’intervento di Christos Yannaras, uno dei principali e più influenti teologi dell’ortodossia contemporanea, che, riflettendo sul tema del convegno, ha sottolineato l’importanza di “separare l’esistenza dal comportamento”. “Viviamo in una civiltà del ‘cogito’”, ha denunciato, passando poi ad elencare i tanti diritti individuali che nella società e anche nella Chiesa si vorrebbero riconosciuti. “C’è un grande problema di una civiltà che è stata fondata sulla base del ‘cogito’”, ha affermato: “Questo ci allontana dalla verità e dalla gioia della vita”.