A Roma il seminario di studio: “Alimentazione sana e dignità umana”. L’ osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam, ha sottolineato come nel mondo oggi si registri la presenza di cibo per tutti e al contempo l’impossibilità di renderne tutti ugualmente partecipi. Attenzione pure sull’incremento esponenziale delle persone in sovrappeso e sulle relazioni diplomatiche basate sul sospetto reciproco piuttosto che sulla solidarietà

Al giorno d’oggi si assiste allo “scandalo”, al “paradosso” di una situazione globale “in cui si registra la presenza di cibo per tutti ma, nel contempo, l’impossibilità di renderne tutti ugualmente partecipi, nonostante continui a regnare in molte aree del mondo lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e la distrazione del cibo dalle finalità alimentari”. Lo ha evidenziato monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam al seminario di studio: “Alimentazione sana e dignità umana”, svoltosi oggi a Roma nella sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura e organizzato dalla medesima missione della Santa Sede assieme al “Forum Roma di Ong”, realtà d’ispirazione cattolica.

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Monsignor Fernando Chica Arellano ha ricordato che “ancora troppi sono i fratelli” che continuano a soffrire i drammi della fame e della malnutrizione, e ha evidenziato sia la “persistente e iniqua distribuzione” dei frutti della terra sia “il preoccupante svilimento del mezzo di sostentamento, con gravi ripercussioni sulla salute e sull’esistenza umana”. Il prelato ha citato gli oltre 820 milioni di affamati nel mondo, riallacciandosi a quanto evidenziato da Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata di ieri, e posto l’attenzione su “un incremento esponenziale delle persone in sovrappeso, vittime di diete alimentari eccessive o sbilanciate”. Ciò significa, ha spiegato, che “il fardello delle malattie può essere attribuito per oltre la metà alla fame e, per il resto, agli apporti energetici sbilanciati o alle deficienze vitaminiche e minerali”, tanto nei Paesi industrializzati quanto in quelli in via di sviluppo.

Condivisione e solidarietà

Oggi, ha constatato, l’intera famiglia umana è “minacciata dai modelli della massimizzazione dei profitti, dell’efficientismo e della perdita di valore del tempo”, con stili di vita “frenetici, consumistici, individualisti”, in un contesto in cui “è evidente il rischio di sminuire eccessivamente il senso dell’alimentazione”, dimenticando che essa non è soltanto un “fatto naturale”, determinato da “necessità fisiologiche”, ma è anche un “fenomeno culturale carico di valenze simboliche e determinato da fattori psicologici, sociali e religiosi”. Il riferimento è alla “condivisione” e alla “socialità”, ingredienti “essenziali” per l’alimentazione umana: “fanno sì – ha proseguito mons. Chica Arellano – che a tavola non si condivida solo il pasto, ma si scambino anche parole e gesti capaci di nutrire quelle relazioni che danno senso alla vita sostenuta dal cibo”. Cosa che, ha notato, “difficilmente avviene in città”, dove i ritmi di vita sono “asfissianti” e l’aspetto relazionale è relegato “in una posizione di secondo piano”. Proprio Papa Francesco, ha aggiunto l’osservatore permanente, chiede a ciascuno di noi di “coltivare stili di vita ispirati da una visione riconoscente nei confronti di ciò che ci viene donato, protesi alla temperanza, alla moderazione, all’astinenza, al dominio di sé e alla solidarietà”.

L’importanza della famiglia

Atteggiamenti questi che, ha messo in luce, si imparano “innanzitutto in famiglia”, godendo “del frutto della terra senza abusarne” e condividendolo “con gli altri”. Una condivisione che va richiamata anche nell’attuale “consesso internazionale”, alimentando “relazioni ispirate alla solidarietà, appianando gli interessi nazionali e mitigando la sovranità di quegli Stati che vorrebbero esercitarla in modo assoluto”. Proprio aver “disatteso” tali linee programmatiche “per troppo tempo”, ha osservato monsignor Chica Arellano, ha condotto a “relazioni diplomatiche basate sul sospetto reciproco, sulla diffidenza, sulla prevalenza della forza, su di uno stile comunicativo famelico e aggressivo, che troppo spesso si è tradotto in prevaricazione economica e persino in violenza bellica, deteriorando progressivamente il rapporto di fiducia e amicizia tra i popoli”. E le principali vittime di tali “meccanismi perversi” rimangono “sempre coloro che mancano del pane quotidiano e di un lavoro dignitoso”.

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