Riutilizzare mettendo a disposizione  nella Parrocchia di Sant’Andrea con vari collaboratori

Ha una bella vetrina come un negozio, ma non lo è; gli scaffali come un supermercato, ma non lo è; delle persone che sembrano commessi stipendiati, ma non lo sono. Allora, cosa sarà mai?

Per ora chiamiamolo: “Centro del riuso sociale“. Ma neppure questo sarà il nome definitivo. Per svelare gradualmente il mistero, ne abbiamo parlato con mons. Giuseppe Grillo, parroco di Sant’Andrea e di Sant’Agnese in Portogruaro, “ideatore e portavoce” dell’iniziativa, assieme ad una entusiasta ed affiatata équipe di collaboratori, appartenenti alla Caritas, alla San Vincenzo, alla Croce Rossa e ad altre parrocchie e gruppi di volontariato.

Si tratta di un “progetto articolato”, nato dal vissuto dell’impegno concreto, fatto di relazioni con persone che si trovano in situazione di necessità o di disagio, che desiderano mantenere la propria identità di persone, senza divenire “assistiti permanenti”.

Obiettivo: prevenire e contrastare le situazioni di povertà, attraverso la dinamica del “riuso”, evitando inutili sprechi e ammasso di rifiuti.

Alla base del progetto ci stanno delle scelte operative che consentano una duplice valenza. Prima di tutto che ci siano delle persone o famiglie, mosse dalla gioia di donare dei beni usati, non deteriorati, in modo che abbiano una “seconda vita”, impreziosita dal fattore “bisogno e necessità”. Dai vestiti, agli oggetti e biancheria per la casa, le suppellettili, i mobili, i giocattoli, gli articoli per l’infanzia e ogni altro “bene”, utile a garantire sussistenza e vita.

E nel contempo, che ci siano altre persone e famiglie mosse dalla necessità di dotarsi di qualsiasi tipo di bene per uso personale, per la casa, il lavoro, la scuola, la cultura, il giardino, l’hobbistica e il tempo libero.

Elemento da non sottovalutare è che il libero scambio della merce non vuole avere il sapore dell’erogazione assistenziale di beneficienza. Ma intende responsabilizzare chi richiede l’offerta di un bene, evitando che vada a finire in breve nel bidone dei rifiuti. Per questo viene richiesto ai beneficiari di donare un contributo economico, sia pure “minimo”.

L’ambiente in questione potrà divenire “luogo di accoglienza e dialogo“, per favorire le relazioni tra persone di condizioni sociali, lingua e consuetudini diverse.

Un luogo aperto alla cittadinanza, che potrà condividere comportamenti virtuosi, atti a rinsaldare lo spirito di sobrietà e solidarietà. In particolare i giovani. Promuovendo così uno spazio di protagonismo, nell’anno a loro dedicato. Per questo motivo, nei prossimi giorni è previsto il coinvolgimento del centinaio di adolescenti e giovani della città, per individuare con loro degli spazi o “laboratori” che li coinvolgano con continuità. Ad esempio nel settore della “moda”, con la signora Carla, per curare l’allestimento della vetrina e l’esposizione dei numerosi abiti. O nel settore dell’immagine, creando con Samuele un “logo” che sintetizzi il “centro e il progetto”. Oppure costruire gli spazi espositivi con manichini, scansie e mobili, assieme ad Elisa e Stefano. Il “centro” viene allestito in via Venanzio, zona rotonda dello Stadio, ove un tempo c’era il Centro di ascolto Caritas.

Leggi l’articolo di Leo Collin su Il Popolo.