«Aprite le porte alla vita» è il titolo della 42esima Giornata promossa dai vescovi italiani. Il racconto di Pina Socci: da oltre vent’anni il mio impegno per accogliere e accompagnare i più piccoli
«Aprite le porte alla vita». Nel messaggio per la Giornata della Vita che, nella prima domenica di febbraio, si celebra in tutte le diocesi come avviene da 42 anni, i vescovi italiani invitano a rispettare e promuovere la dignità di ogni persona. «A riconoscere e valorizzare ogni differenza», come unica via per maturare quei frutti di verità che ci permettono di vivere «affidati gli uni altri altri». Riconoscere e rispettare la vita, «aprire le porte alla vita», ci dicono i vescovi, vuol dire anche «ospitare l’imprevedibile», lasciandosi coinvolgere «e partecipando con gratitudine a questa esperienza potremo andare oltre quella chiusura che si manifesta nella nostra società ad ogni livello». In preparazione della Giornata, domenica scorsa il mensile Noi famiglia & vita è stato interamente dedicato, come da tradizione, ai temi indicati, con un ampio approfondimento, tra l’altro, alle attività dei Cav (esperienze da Cologna Veneta, Abbiategrasso, Roma, Cecina, Catanzaro e Cassano Jonio) di Progetto gemma, la straordinaria esperienza che ha permesso di salvare 24mila bambini in 25 ani di storia.
Una mamma e 48 figli. «Come dice il messaggio della Giornata di domenica? “Aprite le porte alla vita”. Negli ultimi vent’anni ho aperto le porte di casa a 48 figli. Ecco tutto. Ci tenevo che lo sapeste». Punto. Fosse per lei la telefonata finirebbe qui.
Ma per raccontare l’esperienza di Pina Socci, origine molisane, da tanti anni trapiantata nella Bergamasca, non basterebbe lo spazio di questa pagina. Quasi 50 bambini in affido in poco più di vent’anni. «Tanti dei miei ragazzi sono uomini e donne. Li ricordo tutti, uno per uno. E con la maggior parte di loro siamo ancora in contatto».
Faceva la caposala in ospedale. Tanti incontri, tante mamme in difficoltà con bambini piccoli. «Sono sposata da 32 anni, non ho avuto figli naturali. Mi sono sono chiesta: cosa possa fare per questi bambini?». La vocazione per l’affido è nata così. Con la semplicità di tutte le cose grandi.