Contraddicendo la sua sentenza a sezioni unite del 2019 e il recente pronunciamento contro l’ipotesi giuridica delle due mamme per lo stesso figlio, la Suprema Corte invoca il giudizio della Consulta

La Cassazione strappa, sconfessa se stessa e riapre il dibattito – umano e giuridico – sulla possibilità per due uomini di essere riconosciuti entrambi, dall’Italia padri di un bimbo. Lo ha fatto con un’ordinanza depositata ieri, in cui ha devoluto la questione alla Corte Costituzionale.

Ovviamente, i due uomini non possono essere entrambi genitori secondo natura. E infatti, anche in questo caso, uno di loro è assolutamente estraneo alla fecondazione dell’ovulo: semplicemente, è parte del contratto di maternità surrogata, attraverso il quale ha scelto con il compagno la donna che avrebbe fornito gli ovociti, e allo stesso modo – sostanzialmente su un catalogo – quella in cui sarebbe stato impiantato per la gravidanza l’embrione ottenuto in provetta. Questa pratica, in Italia, è vietata dalla legge 40 del 2004, che molti connazionali cercano di eludere attraverso l’espatrio temporaneo. Così, per lo Stato che fornisce loro questo “servizio” sono entrambi genitori, mentre nel Belpaese…forse.

In effetti, dopo una serie di pronunce contrastanti, la stessa Cassazione sembrava aver posto un punto fermo sulla questione lo scorso maggio: con una sentenza pronunciata a Sezioni unite, e cioè in quella composizione plenaria le cui decisioni sono destinate a formare un precedente difficilmente sovvertibile, aveva stabilito che i componenti di una coppia dello stesso sesso non possono essere riconosciuti in Italia quali genitori di un bimbo.

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