di Mariolina Ceriotti Migliarese

C’è un’età della vita particolarmente vulnerabile e preziosa, forse non abbastanza capita e considerata dagli adulti-educatori, più attenti alla prima infanzia con le sue sfide e alla piena adolescenza con le sue turbolenze: si tratta di quell’età compresa tra i 10/11 anni e i 14/15 anni, che precede, accompagna e subito segue le trasformazioni fisiche e psichiche della pubertà.

È un’età di mezzo che si caratterizza in un certo senso per il suo “non-essere”: un’età in cui non si è più bambini, ma insieme non si è ancora adolescenti e tutto ruota proprio intorno all’incertezza e alla fragilità di questo non-essere-più e non-essere-ancora. È quel momento della vita in cui il corpo del bambino inizia a trasformarsi nel corpo dell’adulto che sarà; l’età in cui la sessualità inizia a diventare una questione personale e le curiosità generiche si trasformano in una domanda che riguarda il sé, perché il compito evolutivo specifico di questa fase consiste proprio nel lavoro psicologico e mentale intorno al tema dell’appartenenza fisica, emotiva, psicologica e sociale al proprio sesso. Si tratta di un periodo molto delicato, fatto di entusiasmi e dubbi, malinconie e timori, slanci e incertezze.

Un’età sottovalutata perché considerata “di passaggio”, in cui gli adulti lasciano troppo spesso i figli da soli, perché leggono la loro crescente insofferenza come la richiesta sempre più precoce di una legittima autonomia. A me piace chiamare la preadolescenza l'”età dei sogni” perché, se presidiata nel modo giusto dal mondo degli adulti, è quella che permetterebbe al bambino di gettare senza pericolo lo sguardo al di là dell’infanzia, di presentire la crescita, di sperimentare l’emergere di emozioni nuove, senza però tradurle in esperienze che risulterebbero per lui troppo precoci e pericolose.

È un’età fatta per fantasticare intorno alle emozioni inedite che il corpo suggerisce, per immaginare ciò che potrebbe essere e ciò che sarà, imparando poco alla volta a dare alla realtà, soprattutto a quella del sesso, del corpo e dell’amore i suoi veri contorni. Sono soprattutto le bambine ad avere bisogno che questo tempo sia un tempo sospeso: bambine alle prese con l’evento forte e trasformativo di un menarca sempre più precoce, che attiva in loro la percezione di una perdita improvvisa dell’infanzia e sentimenti inevitabili di malinconia e solitudine.

A questa età la bambina si sente spesso molto sola, perché non è ancora pronta per tuffarsi nell’avventura dell’adolescenza, ma non riesce nemmeno più a tornare alla serenità incosciente dell’infanzia. In questa incertezza, ci sono ragazzine che resistono alla crescita e cercano di rituffarsi nelle attività che solo poco tempo prima davano loro tanto piacere, tentando in questo modo di ritardare, negandola, la realtà del cambiamento.

Ce ne sono altre che cercano di sfuggire al disagio tuffandosi bruscamente nel mondo “dei grandi”, con comportamenti e atteggiamenti che emulano quelli degli adolescenti, senza che questo corrisponda al loro reale livello di sviluppo. In entrambi i casi, tutte hanno bisogno della presenza concreta del mondo adulto: hanno assoluto bisogno di adulti capaci di riconoscerne la preziosità e la bellezza, di vigilare su di loro e di proteggerle, per garantire loro quella “penombra psicologica” di cui hanno bisogno per una crescita serena.

Fonte: Avvenire