di Mariolina Ceriotti Migliarese

Comprendere il valore del sesso e mettere la pulsione al servizio della capacità di amare è una competenza complessa che richiede tempo e che procede spesso, come ogni esperienza umana, per prove ed errori; l’esperienza matura e appagante della sessualità, vissuta come scambio pieno tra un uomo e una donna che si vogliono bene, richiede un percorso lungo e non banale.

Per il maschio una prima difficoltà riguarda l’integrazione dell’aggressività nella sfera sessuale. La pulsione aggressiva ben integrata è ciò che sostiene in tutti i campi le capacità attive del maschio: non fa eccezione la capacità indispensabile per una buona espressività sul piano sessuale. In questo campo, gli uomini che si sono sentiti colpevolizzati per le proprie pulsioni aggressive infantili possono talvolta vivere come pericoloso l’atto sessuale, perché necessita un atto intrusivo nel corpo della donna. Questa percezione inconscia può rendere il maschio timoroso e interferire con la buona relazione della coppia, fino a rendere impossibile, nei casi più gravi, anche l’accoppiamento.

Ci sono poi uomini incapaci di trovare un equilibrio tra eros e tenerezza. Per alcuni l’approccio sessuale è troppo diretto ed esclusivamente genitale. Si tratta spesso di maschi che non hanno fatto esperienza di una vera confidenza con la figura materna e per i quali la vicinanza affettiva è un linguaggio di cui non conoscono l’alfabeto. Questi uomini identificano la mascolinità solo come forza e temono inconsciamente che il contatto con la parte tenera di sé possa renderli vulnerabili. Le donne possono ammirarli per la sensazione di sicurezza in sé stessi, ma soffrono di non trovare in loro una vera capacità di ascolto e di intimità.

Ci sono uomini che hanno bisogno di tenere separata l’esperienza genitale da quella più materna della tenerezza, come se il mescolare tra loro queste due dimensioni innescasse un pericoloso vissuto incestuoso. Ce ne sono altri che sono invece intrappolati nella sfera materna e pregenitale: per loro il rischio è quello di scivolare in una posizione di passività, nella quale il fascino dei contatti pregenitali supera quello della dimensione penetrativa, sbrigata come una faccenda di mero sfogo, senza la capacità di uno scambio adulto soddisfacente per la donna.

Alla difficoltà dell’uomo di integrare l’aggressività fa talvolta riscontro nella donna la difficoltà di comprendere la dimensione dell’affidamento: nella relazione fisica con l’uomo, la donna deve accettare di sotto-mettersi a lui, di fargli spazio, di mettersi in una posizione che le richiede un atteggiamento di fiducia e non teme l’aggressività. Per fare questo ha però bisogno della sicurezza dell’uomo, e della sua capacità di collegarsi affettivamente con lei, facendola sentire amata e rispettata.

Sia all’uomo che alla donna è dunque richiesto di superare l’aspettativa magica dell’incontro spontaneamente perfetto; se vogliono davvero incontrarsi devono entrambi cercare di andare al di là di sé, alla ricerca di un reciproco adattamento. Capire l’affidamento e capire la forza-amore sono il frutto di un percorso, sia personale che di coppia: l’affidarsi della donna è un appello alla forza buona dell’uomo che la ama, così come la forza buona dell’uomo è appello e garanzia all’affidarsi della donna. Potremmo forse rileggere in questa chiave le parole di san Paolo agli Efesini? E se la sottomissione fosse disponibilità fiduciosa, e il dominio forza generativa?

Fonte: Avvenire