La rete di cento associazioni laicali a difesa della vita chiede alle due Regioni che stanno aprendo a soluzioni di morte medicalmente assistita di non tradire la missione del Servizio sanitario
«Chi si assumerà la responsabilità di stravolgere il senso del Servizio Sanitario nel nostro Paese? Chi ha deciso di arrendersi alla cultura di morte che l’Associazione Luca Coscioni sta seminando in ogni regione italiana?». Se lo chiede in una “lettera-diffida” indirizzata ai presidenti delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e del Veneto “Ditelo sui tetti”, il network di cento associazioni laicali impegnato nella tutela della vita umana e della sua dignità, contro ogni forma di morte a richiesta (https://www.suitetti.org/2023/10/12/fine-vita-lettera-aperta-alle-regioni-e-al-governo/). «Nella lettera – spiega il coordinatore del network associativo Domenico Menorello – si denuncia che i più recenti casi di autorizzazione al suicidio assistito in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia violano gli stessi parametri dettati dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242/2019 (quella sul caso del suicidio in Svizzera di dj Fabo con l’aiuto di Marco Cappato), perché si dilata il concetto di “sostegno vitale” fino ad allargarlo a farmaci ordinari o addirittura alla semplice assistenza. Inoltre, la Coscioni sta mutando il profilo della sua azione: non casi urgenti e drammatici ma richieste di avere una sorta di “patente” per andare a morire negli ospedali pubblici, quando ciascuno deciderà».
«Il portato di questa azione, che viene ormai portata in molte aziende sanitarie italiane – si legge nella lettera aperta – sta snaturando le istituzioni sanitarie, che si vogliono vedere trasformate in potentissimi moltiplicatori di messaggi di disvalore verso i più fragili». Questi «percepiranno un abbandono fino a ritenersi in dovere di “andarsene”, come ammoniva la fondatrice degli hospice madame Cicely Saunders a proposito di forme più o meno edulcorate di eutanasia». La Costituzione e il Servizio sanitario nazionale, conclude la nota di “Sui tetti”, hanno come scopo l’avere cura di ogni persona, in qualsiasi condizione sia, il che imporrebbe piuttosto di organizzare, finalmente, servizi di assistenza a chi soffre h24 e di potenziare le terapie del dolore, che raggiungono ancora una inaccettabile percentuale di popolazione, così calpestando diritti alla cura che la stessa Corte Costituzionale ha definito essenziali».
Fonte: Avvenire