di Laura Badaracchi
La provocazione della pedagogista Emily Mignanelli: la forza della semplice esperienza infantile può diventare mezzo terapeutico per “ripulirci delle ragnatele del passato”
«Ogni bambino merita di essere visto e capito nel profondo prima che gli venga associato sbrigativamente un certo quadro clinico». Quindi non bisogna «sottovalutare mai nessun bambino e nessuna bambina. Forse noi adulti crediamo che sui loro palcoscenici interiori vadano in scena spettacoli di burattini, con personaggi dai colori fluo e dalle voci acute, ma spesso c’è molto altro».
Lo chiarisce Emily Mignanelli, maestra e pedagogista, nel suo ultimo volume pubblicato da Feltrinelli e intitolato “L’età dimenticata. Libera il bambino che sei stato”, che sostanzialmente «parla di noi esseri umani alla ricerca di chiavi di lettura e comprensione. Credo profondamente che, riducendole al minimo, possiamo riunire le “carte missione” affidate alla nostra specie in due macrocategorie: 1) tutelare e tramandare la vita; 2) cercare di capire come funzioniamo noi, il mondo e la relazione che ci unisce».
Ma l’autrice rimarca sempre che «la chiave sta nell’infanzia. Ai bambini e alle bambine che ho incontrato devo tutto quello che sono, tutto quello che so, tutto quello che ho capito, tutta l’umanità che ho recuperato e quella in me che ho curato. Può sembrare sterile romanticismo, lo capisco, e corro volentieri il rischio di esser definita naïf e puerile, ma le cose stanno davvero così».
L’obiettivo dell’esperta è mostrare «la forza della semplice esperienza infantile che tutto contiene e alla quale tutti dobbiamo tornare per guarire e curare. Non come libero atto individuale, ma come dovere sociale. Siamo tutti interconnessi e l’azione del singolo impatta sempre sugli altri, pochi o tanti che siano. Il concetto da sottolineare è che non esiste un io senza un noi: curando il primo si cura il secondo, e questo vale anche in senso opposto. Per alcuni il dolore del vedere e curare la propria infanzia può essere così grande da spingerli a differire questo lavoro in un futuro imprecisato, perdendo così la possibilità di riabilitare se stessi alla condizione principale a cui tendere: il sano attaccamento alla vita».
Quindi viaggiare nella nostra infanzia e nella nostra storia familiare rappresenta un cammino prezioso «per ripulirci dalle ragnatele del passato». In questo percorso non facile, secondo Mignanelli i migliori terapeuti in circolazione sono proprio i bambini che, «profondamente ancorati alla vita, sanno illuminare le vie da indagare. Loro, che non hanno sovrastrutture, riescono a trovare le soluzioni più efficaci. Gioco, parola, verità le loro carte vincenti. Loro siamo noi. Il piccolo precede il grande e tutti siamo nati dal bambino che eravamo».
Dunque, tornare bambini «significa recuperare le nostre infanzie, riscrivendole con le giuste coordinate. Perché tutti meritiamo di vivere bene e rimanere connessi alla vita, perché tutti dobbiamo preservarla per chi verrà». I piccoli, quindi, rappresentano una forza salvifica: l’autrice li definisce «medicine che la vita offre a noi adulti per curare ferite che non ricordavamo di avere. Credo sia questo il senso dell’evoluzione della specie. La generazione che arriva, con la sua vita piena e dirompente, con il suo attaccamento all’esistenza, con la sua pura volontà di esserci, costringe la precedente a evolversi. Solo evolvendosi, infatti, questa generazione potrà mettere a disposizione della successiva tutti gli strumenti di cui necessita per esprimersi e manifestarsi in pienezza e armonia.
L’evoluzione procede a passo di danza: avanti, indietro, piroetta liberatoria e ancora avanti. Ma senza piroetta, senza la possibilità di evolversi tramite il bambino nascente, rallentiamo noi, lui e la specie tutta».
E ancora, un richiamo alla speranza: «Ogni bambino che nasce è perfetto, è la vita che ci offre una nuova opportunità, ci ricorda che la pienezza si nasconde dove ci sembra che sia ancora tutto da costruire e riempire. I bambini ci parlano dei nostri limiti, dei nostri dolori, dei nostri movimenti interrotti, dei desideri infranti. Ci parlano di tutto questo mentre portano amore, gioia, entusiasmo e fiducia. Ma non vedete quanta divinità e saggezza risiede in loro? Non basta amarli, i bambini; bisogna vederli, in profondità, in verità. E per vederli ed evolvere devi lasciarli entrare dentro di te e affrontare la tua storia».
Alcuni esempi concreti, confermati dalla psicogenealogia, per sapere «come funzioniamo e come l’eredità familiare ci condiziona»? «Se nasco in una famiglia dove si è vissuta la fame e sono mancate le risorse, l’informazione che viene tramandata in modo più o meno consapevole è di fare scorte per essere preparati in caso di periodi di magra. Ecco allora che potrei ritrovarmi a collezionare oggetti, accumulare cibo, risparmiare soldi che non userò per concedermi nessun piacere, o mettere su peso senza riuscire a perdere neanche un etto: “Accumula, piccolo erede, così sopravviverai”. Oppure, se nasco in una famiglia dove ci sono stati figli illegittimi o che, per varie ragioni, sono stati allontanati, l’ordine ereditato sarà di riportare nella famiglia quel bambino, crescendo un figlio d’altri o per conto d’altri: “Un bambino ci è stato portato via, riequilibra il tutto riportandone uno e saremo in pari con la vita”». Tuttavia, «ogni famiglia presenta variabili leggermente differenti dalle altre, condizioni di partenza simili ma mai identiche, e quindi costituisce un mondo a sé. La famiglia è la nostra radice, la nostra biblioteca, il nostro più grande tesoro, se impariamo a gestirla. È al contempo il nostro più grande problema e la risoluzione di tutti i nostri problemi. Da qui dovremmo partire».
Mignanelli, da un piccolo progetto sperimentale avviato nel cuore di un giardino pubblico nel 2009 a Osimo, ha creato Serendipità, una scuola per bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni basata sui principi della Pedagogia dinamica, approccio educativo sistemico da lei sviluppato che coniuga didattica innovativa, ricerche neuroscientifiche e lavoro autobiografico. Pedagogiadinamica.com è il nome della piattaforma online che ospita una community di genitori in dialogo, uniti dal desiderio di benessere personale e familiare.
Inoltre, dopo un viaggio in giro per il mondo sulle tracce della pedagogia adottata nelle diverse culture, la maestra ha fondato il Centro di pedagogia dinamica e sistemica Corallo, dove si riabilitano gli adulti alla loro infanzia per accogliere i bambini presenti che oggi chiedono sostegno nella loro crescita. Emily Mignanelli crede nella “pedagogia preventiva” per diffondere strumenti educativi semplici e fruibili con l’obiettivo di renderla un tema collettivo.
Fonte: Avvenire