Un giorno gli impressionanti dati sul tracollo delle nascite (Minimo storico delle nascite dall’unità d’Italia, -4.5%), quello successivo l’impietosa fotografia sulla disgregazione di modelli familiari che davamo per consolidati (Report CISF 2020). Un “uno– due” da mandare al tappeto il Paese, non fosse che pochi sembrano accorgersi di quel che succede nella sua struttura portante, presi da tutt’altro. Se vengono meno consistenti legami familiari, di pari passo con la procreazione in termini sufficienti a rigenerare la società, tutto ciò che vi si poggia sopra è consegnato a un’inevitabile incertezza, dall’economia al lavoro, dal welfare alla scuola, alla sanità, terreni sui quali si consuma un estenuante dibattito pubblico apparentemente incapace di invertire il corso di fenomeni di tale portata (e forse neppure davvero interessato a farlo).
Come una macchina che finisce la benzina e perde pure le ruote, ma il cui equipaggio continua a discutere vanamente sul viaggio, la strada e la meta. È una questione elementare di priorità: va preso atto collettivamente e con la massima serietà che qualcosa di irreversibile si va consumando nella fibra costitutiva degli italiani, in particolare dei giovani, sempre meno numerosi e sempre più incerti sulla strada da far prendere al loro futuro. La rinuncia crescente a procreare documentata dall’Istat è a sua volta l’effetto di un fenomeno ancor più profondo che il Rapporto Cisf 2020 esplora spiegando che prende forma una «società post–familiare».
Nel linguaggio dell’analisi sociologica l’espressione rimanda al dissolvimento del modello “canonico” di famiglia come riferimento prioritario nella mente e nel cuore di chi immagina la propria vita di domani, con il dilagare di tutte le possibili soluzioni, come un cantiere destinato a restare sempre aperto, un divenire mai del tutto compiuto, e comunque un obiettivo non più necessariamente centrale ma accessorio ad altri traguardi. Cos’ha fatto spostare la famiglia nella sua conformazione originaria – edificata su un’idea di stabilità e aperta alla procreazione – verso la periferia dei percorsi di vita, consegnandola al mercato delle possibilità in mezzo ai suoi ormai numerosi surrogati?
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