di Mariolina Ceriotti Migliarese
Attaccata, criticata, derisa, la famiglia rimane qualcosa di cui non possiamo fare a meno, perché il cuore dell’uomo contiene un forte desiderio di appartenenza. Tutti abbiamo bisogno di sentire che siamo radicati in una storia, e la nostra famiglia, con tutte le sue difficoltà o difetti, rappresenta il luogo dal quale siamo partiti e che ha dato la prima, fondamentale impronta alla nostra personalità. La famiglia è un sistema complesso, che si sviluppa intorno a due assi: il rapporto di coppia e il rapporto che la coppia ha con le persone che nel tempo la precedono (i genitori) e che la seguono (i figli).
Ma la famiglia è anche il luogo dove si incontrano tutte insieme le principali differenze dell’umano: la differenza di sesso tra i genitori; la differenza di età e generazione tra figli, genitori e nonni; la differenza da affrontare perché proveniamo da due diverse famiglie di origine; la differenza di ruolo tra chi deve educare e chi venire educato.
La differenza in quanto tale è sempre causa possibile di incomprensione e conflitto, ma allo stesso tempo è anche ciò che porta vera novità: nuovo è lo sguardo che il maschile porta al femminile (e viceversa), nuovo ciò che il giovane porta all’anziano (e viceversa). Nuovo è ciò che le due famiglie di origine portano l’un all’altra; nuovo ciò che inizia quando si passa alla condizione di genitori e si deve trovare il proprio modo di educare.
La famiglia è dunque un sistema complesso e ricchissimo, luogo di amore e di cura, ma anche luogo nel quale il conflitto è inevitabile, perché la differenza comporta sempre anche la fatica di capirsi. Per essere luogo sicuro di appartenenza, la famiglia ha bisogno di definirsi nella stabilità: deve poter contare sui tempi lunghi, sul “per sempre” della promessa d’amore, sulla sicurezza protettiva del legame condiviso; solo questo è ciò che permette a ciascuno dei suoi membri di non temere il conflitto, ma di imparare piuttosto a gestirlo e a renderlo occasione feconda di crescita.
Così intesa, la famiglia è anche l’ambito privilegiato per favorire la crescita di personalità ricche e capaci di buone relazioni. L’intelligenza di un figlio, la sua istruzione, le sue doti, non sono da sole sufficienti a farne una persona riuscita e nemmeno una persona felice, se non si ha cura di lavorare per lo sviluppo delle sue capacità umane; l’individualismo attuale, fonte di diffusa infelicità, ci ricorda che è necessario tornare a far crescere persone con un buon carattere, perché questa è la migliore garanzia di riuscita sia nel campo del lavoro che in quello dell’amore.
Un “buon carattere” è l’insieme di diverse capacità: saper assumere il punto di vista dell’altro; avere una visione positiva della vita e delle relazioni; conoscere il proprio valore ma anche i propri limiti; saper ricominciare; sviluppare pazienza e volontà.
Sono doti che rendono piacevole la vita insieme e che si possono apprendere nel normale vivere quotidiano; soprattutto se ci sono più figli, la famiglia è il contesto più prezioso per allenarle proprio perché si presenta come una società naturale nella quale si sperimentano e si devono superare anche asimmetrie, disuguaglianze e vere o presunte ingiustizie. Tutte queste piccole difficoltà e fatiche richiedono lo sviluppo di risorse e capacità di adattamento che ci insegnano a mediare, a fare la pace, a superare i conflitti.
Ci permettono di sperimentare che è necessario considerare punti di vista diversi dai nostri e che per essere capiti dobbiamo fare lo sforzo di spiegarci, senza pretendere una comprensione immediata.
La famiglia ci fa sentire che siamo unici, ma nello stesso tempo che non siamo il centro del mondo e ci aiuta a trovare il nostro valore senza sopravvalutarci, perché venire sopravvalutati, contrariamente a quello che si crede, non è fonte di forza ma di grandissima insicurezza.
Fonte: Avvenire