di Mariolina Ceriotti Migliarese

La donna può fare l’esperienza concreta di portare nel proprio corpo la novità reale di un essere che è “altro-da sé”: qualcuno con il quale ha un’estrema vicinanza e che pure non le appartiene. Accogliere un figlio dall’uomo che si ama comporta fare spazio a qualcuno che porta incarnata una profonda differenza, e rende possibile “mescolare” tra loro due stirpi diverse: il figlio unisce concretamente nella propria carne due mondi che fino a quel momento erano estranei tra loro, e ospitarlo dentro di sé implica anche rendersi disponibili ad accettare il mondo dell’altro.

Anche quando si sposa e aggiunge al proprio cognome il cognome dell’uomo, la donna accetta simbolicamente di allargare la sua identità, facendo suo fin dall’inizio qualcosa che arriva da altrove.

Forse sono queste esperienze, di natura in parte biologica e in parte culturale, che hanno conferito nel tempo alle donne alcune potenzialità di cui non sempre sono consapevoli: le hanno in qualche modo predisposte a essere creature “di confine”, e cerniera potenziale tra mondi diversi.

Questa caratteristica emerge spesso nel modo in cui le donne gestiscono le relazioni e nel loro istintivo movimento di mediazione di fronte ai conflitti. La maggior parte di noi non ama le situazioni di conflitto, e sente il desiderio di trovare punti di incontro tra le differenze; anche la sensibilità alle ragioni dell’altro è una caratteristica più spesso femminile, così come una maggiore curiosità e una minore paura di tutto ciò che suona nuovo anche nella vita quotidiana. Le donne ad esempio amano la moda perché è novità e cambiamento, ma amano sperimentare anche nella vita professionale, e cambiare non le spaventa.

Quando una famiglia funziona, spesso lo deve alle donne che fanno da cerniera nella relazione tra padri e figli, come in quelle tra le diverse generazioni.

Di solito le madri sono più aperte alle novità che arrivano dal mondo dei figli: ne hanno meno timore e più curiosità. Forse nei padri risuona in maniera più forte il tema della trasmissione dell’eredità, intesa in senso sia concreto che simbolico: un padre desidera che il figlio dia valore a ciò che è stata la sua esperienza, che si fidi, che si prenda cura di ciò che gli verrà lasciato; ma desidera anche che il figlio si ponga in continuità con i suoi valori, con il suo modo di sentire e di pensare. Il padre tende spesso a ritenere che ciò cui la sua esperienza lo ha portato sia il modo più “giusto” per affrontare le cose; teme perciò che il figlio si allontani e che sbagli.

Nella madre il tema ereditario è meno forte, e più forte è invece la fiducia nella novità del figlio: una fiducia che può essere anche eccessiva o mal riposta, ma che lo lascia più libero di sperimentare. Per questo le madri si scandalizzano meno per gli errori dei propri figli, che considerano sempre capaci di cambiare.

Sul piano sociale, essere creature-cerniera o di confine è una grande ricchezza potenziale del femminile, perché permette in tutti i campi alle donne che ne sono consapevoli di sfuggire alle posizioni estreme e al fanatismo: c’è sempre dell’altro, al di là del confine del proprio pensiero e della propria esperienza, qualcosa che merita di essere conosciuto e apprezzato. C’è sempre qualcosa che si può imparare di nuovo e di diverso dagli altri, che non sono mai solo dei nemici: sono sempre e comunque figli di altre donne, e meritano perciò curiosità e rispetto.

Fonte: Avvenire