Riportiamo l’intervista a S.E.Mons. Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna-Cervia, pubblicata nel sito del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II.
1. Quali sono le sfide più importanti della pastorale familiare?
Devo rifarmi alla nostra realtà locale della Romagna, come Vescovo di Ravenna-Cervia. Una sfida importante per noi è il fatto che la stragrande maggioranza, se non la totalità, di coloro che frequentano i corsi in preparazione al matrimonio sono già conviventi da uno, due o tre anni, qualcuno anche con un figlio, o addirittura con due. La seconda sfida che ci fa riflettere dal punto di vista pastorale è il fatto che i matrimoni religiosi sono un quarto rispetto ai matrimoni civili. E questa tendenza è andata crescendo negli ultimi dieci anni e continua a crescere. Insieme ad un calo generalizzato del numero dei matrimoni. Tutti dati importanti per impostare la pastorale familiare.
Un altro aspetto della pastorale familiare è la denatalità: una percentuale di nascite che scende ogni anno. Ormai l’indice di natalità è arrivato al di sotto dell’1,3. E senza figli, le famiglie sono ancora più fragili. Poi c’è naturalmente la crisi del valore della fecondità, della generosità nei confronti della vita, e di conseguenza l’incertezza del domani per le famiglie e per le comunità cristiane.
2. Come anche Lei ha anticipato, la denatalità affligge la società italiana ed implica problemi economici e sfiducia nel futuro. In che modo la Chiesa può riaccendere una visione positiva di vita familiare?
Certamente la Chiesa ha il suo annuncio, la sua proposta di vita familiare con i valori di sempre che arrivano a noi dalla Parola di Dio e dalla tradizione; su di essi noi cerchiamo di costruire la formazione dei giovani. Per dare una speranza e una visione positiva del futuro alle famiglie, soprattutto alle più giovani, credo sia necessario continuare ad annunciare e testimoniare quei valori. Se prendo come esempio i contenuti dell’Amoris Laetitia, in particolare la riflessione biblico teologica sull’amore – che è fondamentale – sulla chiamata all’amore, sul dono di grazia che accompagna coloro che si sposano e sul matrimonio come vocazione e missione, sull’educazione come trasmissione non solo di contenuti intellettuali ma di un modello di vita che realizza la persona umana in pienezza, ci sono già le linee fondamentali di questo impegno educativo della Chiesa e delle famiglie credenti.
Noi abbiamo una visione che non si riceve da nessun altra agenzia educativa se non nella Chiesa. Poi credo che quelle famiglie cristiane che si sono rese disponibili ad assumersi l’impegno di accompagnare anche spiritualmente le giovani coppie, nei gruppi sposi, siano il miglior strumento che abbiamo a disposizione per annunciare il Vangelo del matrimonio.
3. Papa Francesco in Veritatis Gaudium parla di una formazione inter e trans disciplinare in dialogo tra teologia, antropologia, scienze. In concreto come vede questa prospettiva nella formazione di operatori ben preparati?
A me pare che oggi sia assolutamente necessario non fermarsi solo alla teologia del matrimonio e della famiglia. Del resto se ci pensiamo bene questo avveniva anche negli anni passati. Già la stessa Gaudium et Spes, che è il primo grande documento del magistero sulla famiglia, poi la Familiaris Consortio e tutto l’insegnamento di Giovanni Paolo II fino ad oggi, ha già dentro questa attenzione all’evoluzione della società o delle società nelle varie parti del mondo, che vivono la famiglia e il matrimonio in modi molto diversi. Se non si tiene conto di ciò che di fatto esiste dal punto di vista sociale e culturale, si corre il rischio di annunciare una prospettiva di matrimonio e di famiglia che non si aggancia con la realtà vissuta dalle persone. Perché in tutte le situazioni concrete ci sono delle fragilità, dei punti deboli, degli ostacoli alla vita coniugale secondo il Vangelo, ma d’altro lato in tutte le situazioni ci sono anche degli aspetti positivi, dei valori, degli atteggiamenti importanti che le culture hanno coltivato e coltivano ancora oggi. Bisogna scoprirli e valorizzarli per impostare la formazione sia dei futuri coniugi sia degli operatori pastorali.
4. A volte si sente dire che parlare di famiglia ‘a tutto campo’ (psicologia, antropologia, sociologia, bioetica…) mette in ombra la morale matrimoniale di Familiaris Consortio e Humanae Vitae. Qual è la sua opinione?
Anche questi documenti in realtà sono nati proprio da una valutazione delle situazioni e hanno tenuto conto non sono della teologia e della spiritualità del matrimonio ma anche dell’antropologia, di come l’uomo è fatto in se stesso, di come l’uomo vive le sue relazioni e la relazione matrimoniale. Ci sono delle leggi scritte nella stessa persona umana che hanno bisogno di essere individuate e valorizzate perché sono il terreno buono su cui seminare il Vangelo. Anche tutte le scienze umane sono necessarie nella comprensione di una realtà complessa come quella familiare. Essa comporta un insieme di valori spirituali, morali e umani, e di caratteristiche sia personali che sociali, che devono essere studiate, per non correre il rischio di annunciare un Vangelo della famiglia astratto, lontano, irrealizzabile, perché non aggancia la vita vissuta delle coppie e non permette di creare percorsi di crescita evangelicamente efficaci.
Fonte: Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II