Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

L’Associazione “Comunità” Papa Giovanni XXIII  (APG23) è una Associazione Internazionale i cui membri si impegnano a condividere direttamente la vita degli ultimi e dei poveri  mettendo la vita con la loro vita, facendosi carico della loro situazione. La condivisione diretta e quotidiana spingono l’Associazione e i suoi membri ad impegnarsi in vari ambiti sociali e politici per rimuovere le cause e gli elementi che provocano le ingiustizie, l’esclusione, la negazione dei diritti umani, la violenza. L’azione di rimozione delle cause viene condotta con azioni nonviolente, essendo voce di chi non ha voce.

Oltre che in Italia, l’Associazione è presente in altri 26 paesi. I soggetti beneficiari dell’associazione sono: minori, adolescenti, portatori di handicap, detenuti, zingari, tossicodipendenti, etilisti, persone senza fissa dimora, immigrati, anziani, malati di AIDS, madri in difficoltà, ragazze schiavizzate a fini sessuali, profughi e sfollati, popolazioni in aree di conflitto, ragazzi di strada.

Il metodo della Condivisione

La linea guida che caratterizza tutto l’intervento della Comunità Papa Giovanni XXIII è la condivisione diretta di vita con gli ultimi, gli emarginati, gli oppressi.
Il bisogno profondo di ogni bambino, e non solo, è quello di capire che la propria vita sta cuore a qualcuno, che qualcuno ci vuole bene in modo unico, personale, individuale, continuativo. Nei bambini deprivati il bisogno profondo è quello di essere scelti.
Il bambino ha bisogno di affetto, ha bisogno di una intensa relazione interpersonale, ha bisogno di vedere sviluppata nella quotidianità la sua autostima, perché solo così gli è consentito di crescere, e tutto ciò lo può dare solo l’incontro della vita con la vita, cioè delle persone che si sappiano compromettere con lui prendendo in carico i suoi problemi.
Il bisogno di questi bambini è quindi una relazione educativa significativa con un tu altrettanto significativo. La condivisione risponde a questi bisogni profondi.
La condivisione supera il concetto di servizio. Il servizio comporta una prestazione di chi offre l’aiuto nei confronti di chi lo riceve. Questo contribuisce ad alleviare le sofferenze, ma non modifica la struttura dei rapporti umani. La condivisione diretta, invece, toglie alla radice le barriere, le caste, le separazioni create dagli uomini che stanno alla base dell’oppressione.
Nella condivisione non vi è più distinzione tra chi dà e chi riceve, ma ognuno partecipa agli altri le proprie capacità e le proprie difficoltà, realizzando una fraternità concreta che rinnova in profondità la relazione tra le persone.
La condivisione supera l’assistenza: non si dà il pane all’affamato ma gli si offre il posto alla nostra mensa, non si mette il bambino in istituto ma si apre a lui la nostra famiglia.
La Comunità Papa Giovanni XXIII dunque agisce non per gli ultimi ma con gli ultimi, rendendoli protagonisti della loro liberazione.

La condivisione e la vita con i bambini indica l’assunzione di responsabilità anche dell’applicazione ed affermazione dei loro diritti. Chi condivide la vita dei bambini diviene a tutti gli effetti un difensore dei loro diritti ed un facilitatore dell’affermazione di questi.
Condividere implica sostenere la formazione di una coscienza individuale nel bambino capace di autodeterminazione e di esprimere una propria identità, capace di una solidarietà reciproca e di relazioni positive.

L’esperienza di condivisione con i bambini e in particolare per i BAMBINI SENZA CURE GENITORIALI ha dato vita nel corso degli anni a molteplici forme di intervento volte principalmente a:
1. Prevenire l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine;
2. Accogliere i minori nelle famiglie e/o nelle strutture di tipo famigliare;
3. Promuovere una cultura per l’inserimento dei minori in famiglie.

1. Prevenire l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine

Prevenire l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine è uno degli impegni che l’Associazione persegue nelle diverse nazioni dove è presente.
La povertà economica e culturale, le malattie come l’Aids, un contesto sociale disagiato, lo sradicamento dal proprio territorio di origine, determinano spesso una diminuzione della capacità genitoriale nel creare un ambiente famigliare adatto alla crescita serena di un minore; tuttavia la famiglia di origine, se sufficientemente supportata, può essere in grado di recuperare le proprie capacità e potenzialità genitoriali.
Pertanto, il primo intervento deve essere rivolto alla famiglia di origine dei bambini, la quale deve essere aiutata a prevenire e superare le difficoltà economiche e sociali, che le impediscono di svolgere il suo compito.
Gli interventi che l’associazione mette in atto in questi casi si possono così riassumere:

Progetto Adozione A Distanza
Attraverso il progetto si dà un aiuto economico alla famiglia affinché possa prendersi cura dei loro figli. L’adozione a distanza è rivolta a permettere la permanenza dei minori nella loro famiglia e non a sostenere i bambini inseriti in strutture di accoglienza I missionari presenti nel territorio visitano periodicamente le famiglie sostenute con questo progetto per aiutarle e indirizzarle nel miglior utilizzo dell’aiuto a tutela del minore.

Centri Diurni Per Minori In Difficoltà
Sono centri di accoglienza di supporto alle famiglie di origine, volti all’inserimento diurno di bambini e giovani in difficoltà. Le attività dei centri sono ricreative, formative, volte allo sviluppo da parte del minore delle proprie capacità con lo scopo di accrescerne l’autostima e la capacità di socializzazione. Oltre all’azione diretta sui minori, i centri si propongono anche, ove necessario, di cooperare con le famiglie aiutandole a sviluppare sempre meglio le proprie capacità genitoriali, attraverso gruppi di Auto-Aiuto e gruppi di ascolto.

Affido Diurno
Il progetto prevede l’inserimento diurno del minore in una famiglia affidataria in aiuto alla famiglia di origine che causa lavoro o altro non può occuparsi durante il giorno del minore.

2. Accogliere i minori nelle famiglie e/o nelle strutture di tipo famigliare

L’obiettivo di garantire ai minori il diritto ad una famiglia nasce dal rispetto dei bisogni ed ai diritti fondamentali del bambino; sia essa la famiglia di origine, prevenendone dove è possibile l’allontanamento, sia una famiglia sostitutiva.

Qualora la famiglia di origine, per vari motivi non è in grado di provvedere alla crescita ed alla educazione del minore, e gli interventi di prevenzione e di sostegno alla famiglia falliscono, rimane il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia. Il minore, allontanato dalla propria famiglia di origine ha diritto ad una relazione significativa, capace di rispondere al suo bisogno profondo di appartenenza e solo la famiglia o le strutture di tipo famigliare, con figure di riferimento stabili e precise che svolgono la funzione paterna e materna possono rispondere a questo fondamentale bisogno. Per tale motivo si ritiene l’istituto una “soluzione” totalmente ingiusta verso il bambino, in quanto anche se super attrezzato e con persone professionalmente preparate, per natura sua non può rispondere ai bisogni fondamentali del minore.

La risposta a questo bisogno è l’affidamento. Il bambino che viene affidato a nuovi genitori ha sempre in sé il bisogno fisiologico, psicologico, di conoscere ed essere riconosciuto da chi l’ha generato biologicamente e quindi di mantenere una relazione con i genitori di origine. Con l’affidamento famigliare, la famiglia affidataria viene riconosciuta capace di vivere l’accoglienza come un gesto di offerta gratuita della propria dimensione famigliare, finalizzata al bene del bambino temporaneamente in difficoltà, con l’obiettivo di favorire il rientro nella sua famiglia di origine.

La famiglia affidataria esce dal suo spazio privato e diventa una risorsa, un nuovo soggetto sociale nelle politiche a sostegno dei minori. Il soggetto principale dell’affido è il bambino tuttavia diversi sono i protagonisti di questo percorso: la famiglia di origine, il bambino, la famiglia affidataria, gli operatori del servizio sociale, i magistrati del Tribunale per i minorenni e il Giudice tutelare. La riuscita di un progetto di affido si misura sulla capacità di ognuno di questi soggetti di saper svolgere il suo ruolo specifico e di sapersi armonizzare.

In questa ottica anche la legislazione che regolamenta l’Adozione, nonché quella Internazionale va rivista. Il figlio adottato, più cresce nell’età più sente il bisogno insopprimibile di conoscere, incontrare e a volte di ritornare dai genitori che l’hanno generato biologicamente. Pur riconoscendo lo spirito di Amore gratuito che spinge i genitori adottivi, è necessario essere in ascolto e tenere conto dei bisogni del minore. In tal senso è necessario rivedere la legislazione che regolamenta l’adozione.

La Comunità da tempo sostiene l’adozione aperta o semiaperta, cioè una forma di adozione che permette al minore, qualora lo desideri di mantenere rapporti con la madre o direttamente o attraverso gli operatori sociali. Tali considerazioni hanno portato l’Associazione a vivere e promuovere l’accoglienza dei minori in tutti i Paesi dove è presente nelle seguenti realtà:

Famiglia Aperta
La famiglia è il luogo naturale, pensato da Dio, per l’accoglienza dei bambini. Per “famiglia aperta” si intende quella famiglia che oltre ad accudire i propri figli naturali è disponibile ad accogliere, per un periodo o definitivamente, bambini allontanati, per vari motivi dalla famiglia di origine.
Non si tratta quindi di creare una nuova struttura, ma di riconoscere, valorizzare e sostenere le potenzialità della famiglia, una risorsa presente in tutti i paesi del mondo. Quella della famiglia aperta è la via privilegiata che rende concretamente possibile superare l’abbandono evitando ogni forma di istituzionalizzazione dei bambini.

Casa Famiglia
Accanto alla famiglia aperta o famiglia affidataria la comunità vive un’altra modalità di accoglienza famigliare riconducibile ad un modello comunitario chiamata Casa Famiglia. Anche la Casa Famiglia ha come segno distintivo la caratteristica di una convivenza continuativa e stabile di due adulti, di norma una coppia sposata con o senza figli, che svolgono la funzione paterna e materna, che risiedono presso una struttura e accolgono soggetti diversi, privi di ambiente famigliare idoneo, alla scopo di garantire un contesto di vita caratterizzato da un clima di disponibilità affettiva, con rapporti individualizzati, per assicurare sviluppo e maturazione affettiva, educazione, mantenimento, assistenza, partecipazione alla vita sociale, ospitalità, in una organizzazione della vita quotidiana di tipo famigliare.
Le case famiglia rappresentano un modello unico di strutture di accoglienza a gestione veramente famigliare in grado di rispondere a quelle accoglienze “difficili” che non trovano risposta nelle famiglie aperte. Anche le case famiglia come le famiglie aperte sono delle famiglie integrative e/o sostitutive della loro famiglia di origine. Le figure genitoriali, materna e paterna, all’interno della Casa famiglia e della famiglia aperta, svolgono anche una osservazione ed un ascolto attento del minore, delle sue sofferenze, dei suoi comportamenti e miglioramenti e collaborano con i servizi sociali e le Autorità competenti  nel progetto specifico di ogni minore.

3. Promuovere una cultura per l’inserimento dei minori in famiglie

La Comunità Papa Giovanni XXIII, oltre all’impegno diretto nell’accoglienza, in collaborazione con le istituzioni e le reti presenti nei vari territori, promuove:
• una sensibilizzazione verso l’affidamento famigliare, nel riconoscimento di esso come strumento concreto e possibile per dare una risposta ai tanti bambini allontanati e/o privi della famiglia di origine;
• si occupa della formazione e dell’accompagnamento e sostegno delle famiglie affidatarie;
• intraprende azioni e/o collaborazioni politiche volte al riconoscimento da parte dello Stato, della famiglia come luogo privilegiato per l’accoglienza di minori e quindi la necessità di intraprendere piani nazionali per il superamento degli istituti.

Per contattare l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII nella nostra Diocesi

Marina Figus
cell.339/8395039
marinafigus@apg23.org