Pubblichiamo l’intervento di Héctor Franceschi (Ordinario di Diritto Matrimoniale Canonico alla Pontificia Università della Santa Croce) ha tenuto il 26 settembre 2021 in occasione della XVa edizione della rassegna “Ascoltare, Leggere, Crescere” svoltasi a Pordenone. L’incontro, dal titolo “Ripartire con Amoris Laetitia, Le risorse della famiglia per il futuro” è stato coordinato da don Enrico Facca vicedirettore del Servizio diocesano per la pastorale familiare.

Il testo dell’intervento del Prof. Héctor Franceschi

1. Introduzione

Il 15 ottobre 2020, in mezzo ad uno dei momenti più duri della pandemia, nel quale l’Italia soffriva la seconda ondata e potremmo dire che praticamente tutto il mondo si poneva il problema sul modo di agire per arginarla, con diversi lockdown, negozi, scuole e chiese chiuse o parzialmente aperte, insegnamento solo a distanza, forte sofferenza in milioni di famiglie che passavano alla povertà estrema, Papa Francesco, con un grande coraggio, ha rilanciato l’urgente bisogno di un patto educativo globale[1], sia perché deve coinvolgere tutte le nazioni, da quelle ricche a quelle più povere, sia perché questo patto dovrebbe coinvolgere tutti i soggetti —  famiglie, scuole, giovani e ragazzi, governi e religioni — nel processo educativo integrale, il quale, nella situazione di pandemia che stiamo vivendo, sta manifestando, alle volte in modo drammatico, tutte le sue mancanze e tutte le conseguenze di un divorzio, direi quasi di una voragine che si è sempre allargata di più, tra i due principali soggetti attivi dei processi educativi: la famiglia e la scuola insieme alla società civile, binomi al quale si aggiunge, nel caso dei cattolici, la Chiesa come Popolo di Dio e come educatrice, insieme alla famiglia e alla scuola, dei nuovi fedeli[2].

Si è visto come la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, ha lasciato praticamente fuori dai processi educativi tanti ragazzi e ragazze appartenenti a famiglie che vivono in forte situazione di disaggio, causato spesso dal divorzio dei genitori, dalla povertà materiale o spirituale, dall’assenza di una o di entrambe le figure parentali o dalla loro alle volte totale impreparazione per educare i loro figli, dall’isolamento sociale —gli esclusi, direbbe il Pontefice —, ecc.

Non vi è dubbio che il mondo sta cambiando con questa pandemia. Come sappiamo, si parla persino di un “Grande Reset”: non saprei dire quanto sia davvero un sogno di parte delle élite mondiali, ma non c’è dubbio che nei processi in corso vi è anche, come si vede chiaramente in diversi aspetti dei cambiamenti che si propongono, un aspetto irreconciliabile con la fede cristiana che preoccupa non poco e che, come è capitato spesso lungo la storia dell’umanità — ma forse non con l’aggressività che oggi troviamo — ha come fulcro del suo attacco la famiglia sin dalle sue radici. Senza arrivare agli eccessi di alcuni — e sempre con l’ottimismo di chi confida nella Provvidenza — credo che valga la pena riflettere su questo tema.

È quello che tenterò di fare in questo mio intervento, puntando propria sul bisogno di quel patto educativo globale che, diversamente dalle previsioni degli auguri della morte o del superamento della famiglia, come se ci si potesse uscire da questa grave emergenza senza di essa, richiede la partecipazione di tutti i soggetti sociali, a cominciare dalla famiglia, e che non è invece possibile in uno Stato che annulli sostituisca la famiglia come genoma di qualsiasi società che ci tenga alla dignità di ogni essere umano, che per natura è un soggetto familiare, prima di qualunque altra relazione.

In questo patto educativo globale, Papa Francesco indica quale dovrebbero essere i capisaldi, così riassunti in sette punti riportati nel citato articolo su Avvenire:

«prima di tutto, mettere al centro di ogni processo educativo la persona e la sua dignità e capacità di essere in relazione con gli altri.

In secondo luogo, di ascoltare la voce di bambini e giovani per costruire insieme un futuro di giustizia e di pace.

Terzo punto, favorirela partecipazione di bambine e ragazze all’istruzione.

Quarto punto: “Vedere nella famiglia il primo e indispensabile soggetto educatore”.

Quinto, l’educazione all’accoglienza verso gli emarginati.

Il sesto punto sottolineato da Francesco si concentra sull’impegno a trovare altri modi per intendere economia, politica e progresso perché siano a servizio della famiglia umana nella prospettiva di un’ecologia integrale.

Settimo punto, coltivare la casa comune con stili più sobri secondo principi di sussidiarietà, solidarietà e economia circolare»[3].

Di fronte a questa sfida, dobbiamo porci alcune domande alle quali tenterò di dare risposta da una prospettiva ecclesiale non solo canonistica, ma giuridica nel senso più profondo, come quello che, come un vero diritto/dovere, i genitori cristiani devono fare nei confronti del processo educativo dei figli, vale a dire, nella determinazione del giusto nell’educazione della prole, che spessissimo, dimenticando dei diritti/doveri essenziale, personalissimi e irrinunciabili, i genitori, anche molti di essi cristiani, hanno delegato completamente nella Chiesa e nella scuola sin dalla più tenera età dei figli.

Alcune delle domande sulle quali tenterò di fare un abbozzo di risposta, che spero serva almeno a capire le origini e la gravità — emergenza lo chiamava Benedetto XVI[4], catastrofe lo chiama oggi Francesco[5] — in cui si trovano oggi i processi educativi dei bambini e dei giovani ovunque, emergenza che la pandemia non ha creato, ma semplicemente ha reso più evidenti, mettendoli davanti agli occhi di tutti: lo Stato, le stesse famiglie, la Chiesa: cosa è successo negli ultimi decenni con il naturale binomio famiglia/scuola? perché le famiglie, anche quelle cristiana, si sono sempre più ritirate dai processi educativi e di socializzazione della scuola, lasciando ad essa, da sola, il compito di educare i bambini e poi ragazzi? Si può e si dovrebbe parlare, alla luce della situazione odierna, di un urgente recupero della “dimensione familiare” della scuola? Infine, come rendere operativi quel patto educativo di cui ci ha parlato Papa Francesco? Quale sarebbero, alla luce dell’ordinamento della Chiesa, le strade e gli strumenti da adoperare affinché la famiglia si riprenda il suo essenziale ruolo educativo dei figli, e non in concorrenza con la scuola o con le strutture ecclesiale e statali, ma in una proficua ed efficace cooperazione nella quale il soggetto principale dovrebbe essere sempre la famiglia, sostenuta e aiutata dalla scuola, sia essa cattolica o laica, statale o paritaria.

2. Un punto di partenza per il dialogo: la dimensione familiare della scuola da una prospettiva interdisciplinare

Nella società post-moderna assistiamo ad una sempre più forte privatizzazione della famiglia che ha delle gravi conseguenze, sia per la famiglia stessa, che diventa una soggettività destrutturata che viene determinata dai sentimenti e dai desideri più svariati, sia per la società, nella quale la famiglia si troverebbe sempre più al margine di essa e quindi poco avrebbe a che fare con il processo educativo degli individui —non più persone legate da relazioni personali, a cominciare da quelle familiari che darebbero una propria e irripetibile identità ad ogni persona—.

Questa visione fa sì che si renda quasi impossibile capire quale sia “la dimensione familiare della scuola”, poiché la famiglia, realtà ormai completamente privatizzata, che dipende dai soli modelli culturali, non avrebbe altri compiti che quello di dare un’eticità ai suoi membri che, però, nulla ha che fare con “il pubblico”, cioè, con la società.

Invece, la scuola viene intesa come quella struttura che si occupa di preparare l’individuo per la vita sociale intesa come struttura economica di produzione e consumo. Così, né la famiglia né la scuola, sarebbero ambiti naturali di relazione e di umanizzazione della persona umana. Sarebbero due mondi che forse talvolta si incontrano, quando non si scontrano, ma che senz’altro non si sostengono e completano a vicenda.

 Come ben spiega Donati: «Molti affermano che educare all’eticità è un compito della famiglia, mentre la scuola dovrebbe solo istruire il futuro produttore-consumatore per il mercato (e quindi non dovrebbe essere luogo di formazione etica). Chi sostiene questo punto di vista non si rende conto che dà alla famiglia un compito impossibile da assolvere. Chi separa la famiglia e la scuola radicalizza quella separazione fra pubblico e privato che sta portando la società moderna ad auto-distruggersi»[6].

Dinnanzi a questa realtà — chiamata dagli ultimi Pontefici di emergenza educativa[7]— vorrei prima di tutto incentrare l’attenzione, sempre nell’ambito dell’antropologia giuridica della famiglia[8], sul tema del rapporto tra la famiglia e la scuola, vale a dire, alla “dimensione familiare della scuola”, volendo in qualche modo indicare la necessità di riscoprire il nesso inscindibile che dovrebbe esserci tra famiglia e scuola per poter formare integralmente i bambini, poi ragazzi, finalmente adulti, come buoni cittadini, buoni genitori, “persone buone”, vale a dire virtuose e, se cristiani, buoni cristiani.

La necessità di questa interazione tra scuola e famiglia si è palesata in diversi modi a livello direi mondiale, quando le scuole di praticamente tutti i paesi hanno dovuto chiudere a causa della pandemia causata dal Covid-19 e hanno dovuto passare all’insegnamento on-line, la cosiddetta DAD. Questo tipo di insegnamento, che deve comunque essere qualcosa di eccezionale, nella misura in cui formare non è trasmettere conoscenze ma dare forma, accompagnare nella crescita i bambini e gli adolescenti, in qualche modo ha messo in prima fila la famiglia. I genitori si sono ritrovati a dover fare i “maestri” dei loro figli, a non poter delegare tutto alla scuola, e si è reso palese come le cose siano funzionate molto meglio quando la famiglia che si è vista investita di nuovo del ruolo educativo come ruolo primario — perché così è stato percepito da tantissime famiglie — ha funzionato molto meglio nelle famiglie ben strutturate, tanto da far scattare l’allarme in molti Stati sul bisogno di venire incontro ai più deboli, che spesso corrispondono a quei bambini o adolescenti che non hanno una famiglia stabile e sovente vivono sulla soglia della povertà.

Quindi, mettendo al centro la famiglia, sia nella società civile che nella Chiesa, chiamata più volte dai Pontefici famiglia di famiglie, riusciremo a recuperare il vero senso del processo educativo delle persone, non come una mera trasmissione di informazioni “utili”, ma come un processo che rende possibile che, con la sinergia e complementarietà tra famiglia e scuola, i giovani raggiungano quella perfezione alla quale sono chiamati dal loro stesso essere persone, quella di essere persone buone, persone virtuose, cioè, più persone, ricordando quella nota definizione di natura di Aristotele, il quale definì la natura come «quel che ogni cosa viene ad essere al termine del suo sviluppo»[9].

Un’ulteriore conferma di questa centralità della famiglia l’abbiamo avuta poco tempo fa da Papa Francesco, nel suo bellissimo Discorso alla Rota Romana del 25 gennaio 2020[10], tutto incentrato sulle figure di una delle prime coppie cristiane, quella di Aquila e Priscilla, sull’urgente necessità che le coppie cristiane, soprattutto con il loro esempio di vita e la loro testimonianza e azione verso il prossimo, diventino agenti di evangelizzazione, educatori per eccellenza, creatori di realtà che si possano chiamare famiglia delle famiglie, a cominciare dalle stesse parrocchie.

A questa proposta del Pontefice, io aggiungerei, che sappiano promuovere, in quanto famiglie che interagiscono con altre famiglie, scuole nelle quali si possa parlare di scuole di famiglie per le famiglie, nelle quali, nel modo più naturale, si superi quella falsa dicotomia tra privato e pubblico e si riesca a vedere chiaramente la scuola, se intesa come ambiente di socializzazione e di stabilimento di vere e profonde relazioni interpersonali, come ambito di preparazione per la “vita buona”, come complemento naturale che solo nell’interagire con le famiglie riuscirà a formare buoni cittadini. Così i figli diventeranno persone con una solida rete di relazioni interpersonali che li renderà unici, e non solo soggetti da inserire nel mercato, come ricorda Donati, sia come produttori che come consumatori[11].

Da questa prospettiva generale, penso che questi temi debbano esseri affrontati da diversi punti di vista, come abbiamo tentato di fare in un breve volume appena pubblicato dal Centro di Sudi Giuridici della Facoltà di Diritto Canonico dell’Università della Santa Croce nel quale abbiamo voluto affrontare, da una prospettiva interdisciplinare, proprio il tema del rapporto tra scuola e famiglia[12] che, mi pare, è stato uno dei motivi della nostra presenza qui.

Dovremmo tentare di ricuperare un’impostazione positiva dell’integrazione e complementarietà tra famiglia e scuola, superando una visione di scontro che si diffonde sempre di più nel mondo occidentale, specialmente in Europa, ove proprio le persone più interessate, cioè i ragazzi, non hanno nessuna parola, così come i genitori, arrivando ad una specie di dittatura dello Stato onnipresente e relativista nel mondo della scuola: dove puoi studiare, cosa si insegna, quali sono gli obblighi della scuola e quelli dei genitori, chi è il responsabile del modello di persona e di cittadino che si vuole esca dal percorso educativo nelle diverse fasi. Poi, non dimentichiamo la sempre più forte pressione di lobby minoritari ma molto potenti che vogliono imporre il loro modello di persona, di famiglia, di genitorialità a tutti i membri della società, persino contro la volontà dei genitori e contro i diritti consacrati nella stragrande maggioranza delle Costituzioni degli Stati democratici[13].

In temi come questi, nei quali spesso il Magistero della Chiesa non fa altro che esplicitare la verità delle cose, verità nella quale spesso, per il carattere naturalmente relazionale dell’essere umano, risponde all’essere stesso delle persone nelle diverse fasi del loro sviluppo. È per questo che spesso, quando la Chiesa parla dei processi educativi e del ruolo della scuola e della famiglia, non si dirige solo ai fedeli, ma a tutti gli uomini si buona volontà[14].

La famiglia è, in sé stessa, realtà educativa, e la scuola, per avere successo nella sua funzione di formare, dare forma, ai bambini e poi ragazzi, deve essere in alleanza con la famiglia, con i genitori, ha fatto sì che nel Contro di Studi Giuridici della nostra Università decidessimo di affrontare la questione con l’aiuto di specialisti in altre scienze, che hanno studiato la necessità di questa alleanza, presentandoci quella stessa realtà — famiglia e scuola — alla luce delle altre scienze. Da ciò non può che venire più luce sulla realtà unica che è oggetto di studio da diverse scienze. Ma non dimentichiamo che la realtà non è nelle idee, ma nell’essere, nell’essenza delle cose, alcune semplici altre invece poliedriche e complesse.

La relazione tra famiglia a scuola, anche in questi tempi di pandemia, può essere studiata da diverse prospettive, che non è altro che sottolineare che senza una vera e propria alleanza tra famiglia e scuola, che implichi anche tutti gli ambiti e tutti i soggetti che a qualsiasi titolo agiscono in questo ambito: la società civile, la Chiesa Cattolica e le altre confessioni, lo Stato, non sarà possibile ritrovare la via di uscita di questa emergenza educativa che si è molto aggravata dalla pandemia. Qualsiasi tentativo che tenti di lasciar fuori la famiglia costituita da padre, madre e figli, e molte volte altri membri della famiglia d’origine dei coniugi, e chiamato al fallimento o, certamente, allo svuotamento della singolarità ed irrepetibilità di ogni persona, le quali diventerebbero semplici pezzi sostituibili dei processi economici tipici del consumismo.

Nel Magistero della Chiesa si è operata pian piano un’evoluzione e un arricchimento nella comprensione del ruolo dei genitori — in quanto padre e madre coniugi tra di loro — come primi e principali educatori dei figli, condizione che si costituisce in un vero e proprio diritto/dovere, sia nei confronti della Chiesa che dello Stato[15]. La proposta della Chiesa sul rapporto educativo genitori-figli viene arricchita da una retta antropologia filosofica, che riesce a mettere le basi per un autentico dialogo con le diverse culture. Anche da questa prospettiva, si rende evidente come, sia la famiglia che la scuola, non possono essere solo ambiti di apprendimento pratico, ma veri e propri ambiti di crescita integrale, di maturazione, nei quali un elemento insostituibile — ma oggi profondamente in crisi — è il senso dell’autorità intesa non come dominio ma come servizio[16].

Una caratteristica fondamentale di questa alleanza educativa, sostiene la Premoli, la si potrebbe spiegare con tre verbi utilizzati da Bueb[17] come moto per gli educatori che si applicano a pieno titolo anche ai genitori: «Nel terzo capitolo del suo libello su Le nove regole per la scuola, Bernard Bueb prescrive all’educatore un motto che è: “fidati, pretendi e proteggi” e mi sembra che rappresenti perfettamente anche un modello per le relazioni educative all’interno della famiglia»[18]. Sono atteggiamenti che, sia in famiglia che in scuola, devono funzionare armonizzati tra di loro, essendo strettamente legati alla nozione fondamentale di auctoritas, sia tra genitore e figlio che tra docente e discente.

3. I genitori come primi educatori. Magistero e ordinamento canonico

In questo paragrafo non pretendo di fare uno studio dell’evoluzione del Magistero e del diritto della Chiesa riguardo al rapporto tra i genitori cattolici e la scuola. Quello che ora vorrei sottolineare è che, tanto nel Magistero recente quanto nelle leggi vigenti, resta molto chiaro il diritto e dovere fondamentale dei genitori di educare i propri figli secondo la loro fede e le loro convinzioni. Come ci ricorda il can. 1136 del Codice di diritto canonico, questo grave obbligo deriva dallo stesso fatto della generazione della prole, dall’essere genitori: «I genitori hanno il dovere gravissimo e il diritto primario di curare secondo le proprie forze, l’educazione della prole, sia fisica, sociale e culturale, sia morale e religiosa». Non dimentichiamo, poi, che il primo canone del Libro VII sul matrimonio, afferma che il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita è ordinato, per sua natura «al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole» (can.1055 § 1 CIC)[19].

Quindi, la famiglia deve avere sempre un ruolo principale o non la si può intendere semplicemente come uno dei soggetti che cooperano nel processo educativo dei bambini e ragazzi, la cui voce andrebbe considerata come un desiderio o un’opinione di cui tener conto, ma sarebbero le autorità ecclesiali a occuparsi primariamente della formazione nella fede, mentre lo Stato avrebbe l’ultima parola su quale tipo di cittadino vuole formare.

Invece non può essere così, poiché la famiglia è il perno del processo educativo, se manca la famiglia come soggetto educativo, difficilmente lo Stato, la scuola o la Chiesa stessa riuscirà a riempire quel grande vuoto. In questo senso, molto si è scritto negli ultimi decenni sulla grave ingiustizia che è voler imporre ai giovani delle visioni del mondo, della vita etica e morale, dell’essere persona, contrari alle convinzioni della famiglia d’origine. Il tema viene affrontato da Papa Francesco con una grande forza e chiarezza nell’epigrafe di Amoris laetitia che ha voluto intitolare Sì all’educazione sessuale[20], richiamando la responsabilità dei genitori in questo ambito fondamentale, nonché il loro diritto irrinunciabile a decidere come trasmettere questo aspetto dell’educazione e quali contenuto darne.

Il Legislatore ha voluto formalizzare il diritto e dovere fondamentale dei genitori all’educazione dei figli tra i primi canoni del Codice di diritto canonico che parlano dei diritti fondamentali dei laici, quando al can. 226 § 2 afferma: «I genitori, poiché hanno dato ai figli la vita, hanno l’obbligo gravissimo e il diritto di educarli; perciò, spetta primariamente ai genitori cristiani curare l’educazione cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa»[21]. Come si desume chiaramente da questo canone, questo diritto/dovere dei genitori non si limita alla sola formazione nella fede, ma riguarda tutto il processo educativo, come un tutto che implica i figli in tutti gli ambiti della loro vita. Il canone, chiaramente, ha una prima parte che riguarda l’educazione in generale come conseguenza diretta dell’averli dato vita. Come una delle conseguenze di questo diritto fondamentale, ci sarebbe anche, per i genitori cristiani, quello di occuparsi della loro formazione secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa. Questo diritto fondamentale dal quale deriva il protagonismo primario della famiglia esiste non solo nei confronti dello Stato ma anche riguardo ai pastori della Chiesa, che non si possono sostituire ai genitori nell’educazione nella fede.

Commentando questo can. 226, afferma Caparrós: «Bisogna sottolineare che il diritto dei genitori all’educazione dei figli è uno ius primarium, secondo il can. 1136 (…). I genitori devono essere riconosciuti come i primi e principali educatori dei loro figli (cfr. GE, 3), sapendo che “il diritto e il dovere dell’educazione sono per i genitori primordiali e inalienabili” (CCC, 222; cfr. FC, 36). Si tratta quindi di un diritto naturale dei genitori (cfr. CCC, 2036), il cui riconoscimento, sia nel diritto canonico che nelle leggi degli Stati, comporta numerose manifestazioni. Questo diritto naturale dei genitori, difeso con determinazione dalla Chiesa contro i poteri dello Stato, conserva la stessa portata di diritto naturale nel diritto canonico. Vale a dire che, fatta salva la triplice dimensione della comunione (cfr. can. 205; can. 8 CCEO), questo diritto naturale dei genitori ad educare i figli (cfr. CCC, 902, 1914, 2225, 2685) deve essere riconosciuto concretamente e in pratica, soprattutto quando ci sono programmi educativi il cui contenuto non può essere accettato all’unanimità, poiché si tratta di opinioni. Evidentemente, se non si tratta più di opinioni, ma di programmi che sollevano dubbi sulla loro conformità con la comunione ecclesiale, ci troveremmo, più che nella sfera di un diritto, in un caso del grave dovere di difendere l’integrità della fede. Non si può dimenticare che è la Legge di Dio che deve essere insegnata ai fedeli come “via della vita e della verità” (CCC, 2037), e che i fedeli, oltre al “dovere di osservare le costituzioni e i decreti dati dalla legittima autorità della Chiesa” (ibid.), hanno anche il “diritto di essere istruiti dai salutari precetti divini, che purificano il giudizio e, con la grazia, guariscono la ragione umana ferita” (ibid.; cf. c. 213; c. 16 CCEO)»[22].

Sulla questione del ruolo della famiglia come primario e insostituibile agente educativo, Papa Francesco ha voluto dedicarne tutto un intero capitolo della sua Esortazione Apostolica Amoris laetitia[23]. Ma, ancora prima, nel capitolo III che riguarda la vocazione della famiglia, il Pontefice fa una sintesi chiarissima di tutto il Magistero della Chiesa riguardante proprio la vocazione educativa della famiglia e il ruolo primario e insostituibile dei genitori nell’educazione dei figli: «Tuttavia mi sembra molto importante ricordare che l’educazione integrale dei figli è “dovere gravissimo” e allo stesso tempo “diritto primario” dei genitori. Non si tratta solamente di un’incombenza o di un peso, ma anche di un diritto essenziale e insostituibile che sono chiamati a difendere e che nessuno dovrebbe pretendere di togliere loro. Lo Stato offre un servizio educativo in maniera sussidiaria, accompagnando la funzione non delegabile dei genitori, che hanno il diritto di poter scegliere con libertà il tipo di educazione – accessibile e di qualità – che intendono dare ai figli secondo le proprie convinzioni. La scuola non sostituisce i genitori bensì è ad essi complementare. Questo è un principio basilare: “Qualsiasi altro collaboratore nel processo educativo deve agire in nome dei genitori, con il loro consenso e, in una certa misura, anche su loro incarico”. Tuttavia “si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, il patto educativo oggi si è rotto; e così, l’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi”»[24]. In queste parole, a mio avviso, troviamo già un precedente di quell’accorata chiamata all’urgenza di un’alleanza educativa globale recentemente fatta da Papa Francesco e rivolta al mondo e alla Chiesa.

Al riguardo, ritengo che l’unico modo di superare le diversità di parere o persino lo scontro tra Chiesa e autorità civile oggi in atto in non pochi paesi, e tra famiglia e scuola, è superare gli atteggiamenti ideologizzati che non di rado si trovano alla base degli scontri. Vale a dire, ritrovare l’essere e il senso della famiglia come realtà intrinsecamente relazionale e creatrice di valori relazionali autentici, e riscoprire la dimensione intrinsecamente familiare della scuola, sia essa statale, paritaria, promossa dagli stessi cittadini, specialmente dai genitori, privata. Al riguardo, sono molto illuminanti le parole con cui Aguiló conclude un suo discorso su La promozione dei diritti della famiglia in ambito scolastico: «Chi conosce un po’ a fondo i dibattiti sui diritti e le libertà nell’istruzione sa bene che non si tratta di questioni semplici né ovvie. E sa anche che facilmente si costituiscono “blocchi ideologici” in cui non vi è apertura alle idee altrui, ma soltanto la difesa sconsiderata degli stereotipi tradizionalmente vicini alla propria ideologia. È per questo forse che, nel caso dell’istruzione, è particolarmente importante riconoscere la complessità delle cose ed evitare la tendenza a semplificare le opinioni altrui per poterle confutare facilmente. Di solito non esistono risposte semplici a problemi difficili. E per quanto riguarda l’istruzione, abitualmente non esistono né domande semplici né risposte facili»[25].

Infine, vorrei concludere questo paragrafo citando il Donati, il quale in un suo scritto su famiglia e società civile dalla prospettiva della sociologia relazionale, riesce in un’adeguata comprensione della dimensione giuridica intrinseca della famiglia e supera una visione positivistica del diritto, riproponendo la famiglia come generatrice di relazioni interpersonali sane: «la famiglia naturale normo-costituita è e rimane la sorgente vitale della società. La società globalizzata richiede sempre di più, e non già sempre di meno, il molteplice ruolo di mediazione che la famiglia è chiamata a svolgere nel fare fiorire le virtù personali e sociali. Il distacco dalla famiglia normo-costituita e la sua destrutturazione mediante la moltiplicazione di schemi giuridici che, ambiguamente e contemporaneamente, da un lato privatizzano la famiglia e dall’altra la pubblicizzano, non migliorano la condizione esistenziale delle persone, semmai la peggiorano. La mediazione famigliare non è una relazione né privata né pubblica, ma è comunitaria. Il diritto è chiamato a riscoprirlo»[26].

4. Famiglia, scuola e diritto canonico in tempi di pandemia

L’urgenza di sviluppare l’alleanza educativa tra tutti i soggetti che intervengono nel processo educativo dei giovani, a cominciare sempre dalla famiglia, ci si mostra in tutta la sua urgenza nella situazione che stiamo vivendo a livello mondiale con la pandemia.

Colpisce quanto siano diverse le valutazioni delle conseguenze causate della pandemia sulle famiglie e sui processi educativi, non solo nei media, ma anche nel mondo scientifico. Si sono dette molte cose: alcuni dicono, ad esempio, che la pandemia ha rovinato moltissime famiglie; altri dicono che è un’occasione per rincontrarsi, per riscoprire la famiglia. Io ritengo, invece, che quello che abbia fatto la pandemia e rendere evidenti le diverse situazioni familiari, cioè, unire di più le famiglie che vivono in un modo, diciamo, coerente con la loro realtà di essere famiglia. In questo senso, non dimentichiamo quel famoso richiamo fatto da Giovanni Paolo II quando, parlando alle famiglie di tutto il mondo, diceva loro: «Famiglia diventa ciò che sei!»[27].

In altri casi, invece, la pandemia non ha fatto altro che evidenziare separazioni, situazioni di crisi, malessere, situazioni di povertà che hanno fatto sì che i ragazzi appartenenti a queste famiglie restassero indietro ai loro compagni di scuola o persino abbandonassero la scuola. Nei confronti della scuola, penso che, evidentemente, questo obbligo di dover fare praticamente tutte le lezioni a distanza e vedere i ragazzi solo tramite lo schermo, ha costretto tantissime scuole a modernizzare le loro risorse per poter continuare a offrire un insegnamento di qualità, ma si è visto sin da subito che la scuola non è primariamente un luogo di trasmissione di contenuti teorici ma un complemento alla famiglia nel processo di maturazione e di socializzazione dei ragazzi, cosa che praticamente scompare con l’insegnamento a distanza. Questo insegnamento, soprattutto a livello di asilo, elementare e media, è stato molto più efficace in quelle scuole in cui le famiglie, mediante diverse risorse concrete è reali, erano già molto presenti nelle scuole dei loro figli, consapevoli della loro responsabilità primaria e della necessità di un’interazione complementare tra famiglia a scuola.

 Molti genitori, nel trovarsi quasi senza preavviso con i ragazzi in casa, hanno saputo interagire con i maestri per ricreare a casa un ambiente sano nel quale ci fosse un equilibrio tra lezioni, interazione tra genitori e figli, ricerca di nuovi — spesso vecchi e dimenticati — modi di divertimento, ecc. Così le famiglie si son trovate con i figli a casa, con lezioni da seguire e compiti da fare e, volenti o nolenti, si sono trovati in primo piano nel processo educativo dei loro figli. Credo che non possiamo non tenere conto che ci sono due soggetti, famiglia a scuola, le agenzie educative complementari che si sostengono a vicenda, cioè, che l’una senza l’altra non funziona. E quindi assurdo che in alcuni paesi si stia tentando praticamente di escludere la famiglia dai percorsi educativi dei bambini e degli adolescenti. In questo senso, in molte legislazioni europee occidentali si tenta di sostituire la famiglia e dare tutto il peso dell’educazione e della crescita dei ragazzi, prima bambini e poi ragazzi e adolescenti alla scuola, mentre la famiglia è praticamente assente in quel processo educativo. Invece, solo mediante un leale e sincero patto educativo tra famiglia e scuola, che necessariamente dovrà anche implicare lo Stato e la Chiesa, sarà possibile superare l’emergenza educativa che la pandemia non ha fatto altro che rendere più grave.

Ritengo che l’unico modo di uscire della crisi educativa che stiamo vivendo non sia solo l’appoggio diretto alle scuole perché si attrezzino meglio per l’insegnamento a distanza, ma primariamente l’aiuto diretto alle famiglie, poiché molte famiglie non possono usufruire dell’offerta educativa a causa della loro povertà, o dell’impreparazione in cui si sono trovati tantissimi genitori di fronte alle nuove situazioni ed esigenze create dalla pandemia. Anzi, proprio la situazione che stiamo vivendo ha dimostrato quanto sia importante che ci sia famiglia e che essa funzioni perché lo sforzo fatto da tantissime scuole non vada a vuoto. Si è riscoperto quanto importante e insostituibile sia la presenza dei genitori nel processo scolastico dei ragazzi e quindi, quanto sia importante, non come una concessione ma come vero e proprio obbligo dello Stato, il sostegno anche economico diretto alle famiglie con figli in età scolare: permessi rimunerati, bonus babysitter, ecc., proprio perché loro sono i primi e principali educatori e la famiglia, come soggetto giuridico originario, ha il diritto di essere sostenuta in una società che cerchi il bene comune.

L’augurio di tanti è che, dopo questa pandemia, che non sappiamo ancora quando finirà, la scuola online sia di nuovo sostituita dalla scuola come comunità di persone, ma con una nuova consapevolezza, cioè, che la unica via perché essa sia veramente seminarium rei publicae, forgiatrice di buoni cittadini e, nel caso dei cattolici, di buoni e coerenti fedeli e figli della Chiesa, sarà ricuperare la piena consapevolezza che la scuola non è formata da individui, da soggetti che vanno pressi ognuno isolatamente, ma è, anch’essa, una comunità di persone formata da famiglie, fino al punto che la scuola si veda come comunità di famiglie unite da uno scopo comune, quello di dare ai loro figli un’educazione in armonia che quella che in coscienza i genitori ritengono che debbano tramandare ai loro figli, perché solo la memoria e la tradizione renderanno possibile un futuro che abbia radici solide.

In questo senso, è molto interessante un fenomeno che dagli anni ‘50 si è sempre più diffuso nel mondo, quello delle scuole create e gestite dagli stessi genitori, i quale poi vegliano sulla professionalità e sui contenuti trasmessi da quelle scuole ai loro figli. Sono scuole nelle quali si suol dire che i più importanti sono i genitori, poi il corpo docente e poi gli studenti. Sono, in fin dei conti, delle scuole che nascono proprio da un’alleanza educativa tra famiglie e scuola. Un altro conto è se nei singoli paesi vengano incoraggiate o invece siano persino osteggiate dalle autorità civili, contro un diritto fondamentale della famiglia e dei genitori, riconosciuto tanto dall’ordinamento civile degli Stati veramente democratici, quanto dalla Chiesa nei confronti dei fedeli. Come ricorda Martín de Agar, «L’affermazione del c. 797 “è necessario che i genitori nello scegliere le scuole godano di vera libertà”, è indubbiamente la dichiarazione di un diritto civile legato alla responsabilità educativa genitoriale, e nella cui promozione tutti i fedeli sono chiamati ad impegnarsi. È quindi evidente che anche nell’ambito della società ecclesiale i genitori (in ragione della loro responsabilità di genitori cristiani) devono godere di una uguale libertà di scelta»[28].

Lo diceva già Giovanni Paolo II a chiare lettere: «Lo Stato e la Chiesa hanno l’obbligo di dare alle famiglie tutti gli aiuti possibili, affinché possano adeguatamente esercitare i loro compiti educativi. Per questo sia la Chiesa sia lo Stato devono creare e promuovere quelle istituzioni ed attività, che le famiglie giustamente richiedono: e l’aiuto dovrà essere proporzionato alle insufficienze delle famiglie. Pertanto, tutti coloro che nella società sono alla guida delle scuole non devono mai dimenticare che i genitori sono stati costituiti da Dio stesso come primi e principali educatori dei figli, e che il loro diritto è del tutto inalienabile. Ma complementare al diritto, si pone il grave dovere dei genitori di impegnarsi a fondo in un rapporto cordiale e fattivo con gli insegnanti ed i dirigenti delle scuole»[29].

Alla luce di queste parole del Pontefice, mi pare che, affinché possa funzionare, l’alleanza educativa globale di cui parla Papa Francesco non può non tener conto del fatto che il principale protagonista, poiché per diritto proprio è il primo responsabile dell’educazione, sono i propri genitori[30], ai quale spetta un diritto e dovere grave di vegliare per la formazione dei propri figli, sia nel contesto familiare che in quello scolastico, che in questo periodo di pandemia spesso si intersecano.

Si tenga comunque conto che, soprattutto per i bambini e per gli adolescenti, la presenza fisica e fondamentale, perché solo tramite essa si possono trasmettere, mediante la dedizione e l’esempio di vita, dei valori e delle virtù, aspetto centrale del processo educativo, che non può essere ridotto ad un insieme di conoscenze, ma che dove tener conto di tutte le dimensioni della persona umana: la forza dell’esempio, la crescita insieme ad altri, l’acquisizione delle virtù sociali, tutte cose che l’insegnamento online non può trasmettere. In questo senso, si capiscono le fortissime pressioni che ci sono nella quasi totalità di paesi perché non si interrompa l’insegnamento presenziale, soprattutto in quelle età in cui più bisogno si ha di interagire con gli altri, come è nella scuola elementare e media.

È vero che con le piattaforme digitali si può arrivare a tantissima gente, ma questo solo in alcuni ambiti e soprattutto a livello di insegnamento universitario o professionale. Per i giovanissimi, invece, seguire l’insegnamento a distanza e una grandissima fatica e si è visto che se non c’è un coinvolgimento della famiglia in prima persona — genitori e fratelli più grandi — finiscono col perdersi nella rete, con tutti i rischi che ciò comporta: pornografia, dipendenze, adescamenti, abusi, depressioni, ecc.

Sono molto concrete al riguardo queste parole di Papa Francesco: «L’incontro educativo tra genitori e figli può essere facilitato o compromesso dalle tecnologie della comunicazione e del divertimento, sempre più sofisticate. Quando sono ben utilizzate possono essere utili per collegare i membri della famiglia malgrado la distanza. I contatti possono essere frequenti e aiutare a risolvere difficoltà. Deve però essere chiaro che non sostituiscono né rimpiazzano la necessità del dialogo più personale e profondo che richiede il contatto fisico, o almeno, la voce dell’altra persona. Sappiamo che a volte questi mezzi allontanano invece di avvicinare, come quando nell’ora del pasto ognuno è concentrato sul suo telefono mobile, o come quando uno dei coniugi si addormenta aspettando l’altro, che passa ore alle prese con qualche dispositivo elettronico. In famiglia, anche questo dev’essere motivo di dialogo e di accordi, che permettano di dare priorità all’incontro dei suoi membri senza cadere in divieti insensati. Comunque, non si possono ignorare i rischi delle nuove forme di comunicazione per i bambini e gli adolescenti, che a volte ne sono resi abulici, scollegati dal mondo reale. Questo “autismo tecnologico” li espone più facilmente alla manipolazione di quanti cercano di entrare nella loro intimità con interessi egoistici»[31].

Dopo più di un anno di questa esperienza della pandemia, io spezzare una lancia a favore della famiglia. Sappiamo che oggi ci sono fortissimi attacchi contro la famiglia. L’altro giorno leggevo un giornale dei più importanti d’Italia che, nella sezione letteratura, lodava una nota autrice americana che diceva che la famiglia è un inferno. Io ho pensato: “non so quale famiglia avrà avuto questa scrittrice, ma la mia famiglia è stata come un pezzettino di paradiso”, con una famiglia numerosa — 10 tra fratelli e sorelle — molto unita e con dei genitori straordinari, che ora, ormai tutti grandi e sparsi per il mondo: dal Venezuela al Inghilterra e agli Stati Uniti, passando per Roma e Ginevra, continuiamo ad essere molto uniti, anche grazie alle nuove tecnologie. La famiglia va difesa perché è fondamentale, poiché in esse che si forgia l’identità della persona. In essa c’è, come ricordava Giovanni Paolo II, «la genealogia della persona»[32]. Da lì l’insistenza sia del Magistero che dell’ordinamento canonico nel ricordare più volte il diritto/dovere fondamentale dei genitori di provvedere all’educazione dei loro figli in un modo armonico con tutti gli altri membri della famiglia. Solo così sarà possibile raggiungere il bene comune della famiglia, che non è semplicemente il bene individuale di ogni membro, ma il bene comune di quella che possiamo chiamare la prima e originaria società di persone, senza la quale è impossibile costruire una società più umana[33].

Questo bene comune esige il rispetto delle esigenze di giustizia di ognuna delle relazioni familiari fondanti: la relazione coniugale, la relazione tra genitori e figli, la relazione fraterna. È in esse che si costruisce la propria identità familiare. È attraverso di esse che il bambino e poi l’adolescente, naturalmente, cresce e raggiunge la maturità, attraverso un processo di formazione nelle virtù che non si realizza mediante discorsi teorici ma si impara dalla vita familiare, dall’esempio dei genitori e dei fratelli: la responsabilità nei confronti del prossimo e dei propri obblighi, il saper condividere, la generosità, la fortezza per raggiungere quel che vale la pena, il rispetto dell’intimità altrui, così importante per una crescita equilibrata e matura nella castità[34].

5. Conclusione. La famiglia come realtà oggettiva intrinsecamente educativa in un mondo in crisi. Il superamento della pandemia e la ricostruzione di un’armonia perduta tra uomo e mondo

Come ho tentato di spiegare da diverse prospettive lungo questo contributo, si rende evidente che, se la famiglia funziona, ed è ben strutturata, avremo la difesa e l’antidoto più efficace per i giovani, che cresceranno con un sano senso di realismo e con la maturità necessaria per comprendere il mondo e, allo stesso tempo, accettare che non se lo possono caricare sulle loro spalle, che devono tentare di cambiare quello che è alla loro portata, che è loro raggiungibile, che non sono soli in quest’opera e, infine, che il cambio del mondo inizia dal cambiamento di noi stessi, come non si stanca di ricordare il Papa quando ci parla della “conversione ecologica”, nella quale anche la famiglia ha un ruolo fondamentale e insostituibile, fatto da mille piccole cose che si imparano a casa o non si impareranno mai. E questa conversione ecologica, per essere vera, deve essere aperta alla dignità di ogni persona umana e alla sua trascendenza. Altrimenti, sarebbe falsa e povera, nella misura in cui si chiude in sé stessa e pretende di mettere la natura contro l’uomo, e cotesto contro la natura, in una visione dialettica inconciliabile[35].

Da lì l’importanza di difendere una visione oggettiva, con un contenuto etico, morale e giuridico intrinseco, della famiglia e delle relazioni interpersonali che la conformano, se vogliamo salvare la nostra società e non lasciarla — in modo particolare i giovani — in balia ai capricci o ai desideri destrutturati, senza una base nel reale, di individui che non vivono che per i loro propri interessi. Il miglior rimedio, quindi, è il rispetto del creato e della verità dell’uomo come dono dato da Dio allo stesso uomo, come ci ricorda Giovanni Paolo II: «Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a sé stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato»[36].

Finisco con alcune parole di Papa Francesco che ci mostrano, anche in questo ambito dell’ecologia integrale, come l’unica strada per ricuperare l’armonia tra l’uomo e l’ambiente sia quello di ricuperare l’armonia delle relazioni interpersonali, a cominciare da quelle più fondanti, che sono quelle familiari. Anch’oggi, in mezzo alla pandemia globale, che benché alcuni la chiamino una catastrofe, la Chiesa, svegliando i fedeli e le famiglie cristiane, fedele alla sua innata vocazione umanizzatrice ed evangelizzatrice, può e deve contribuire a cogliere questa situazione non con quella visione catastrofista che alcuni vedono, ma come un’occasione per ripensare la scala dei nostri valori, per riscoprire l’importanza e l’insostituibilità della famiglia fondata sul matrimonio, come via fondamentale per uscire da questa situazione e per trovare le forze per creare nuovi modelli di comportamento che servano a ricostruire l’armonia persa tra l’umanità e il resto del creato, tra l’uomo e l’habitat in cui vive.

La proposta della Chiesa parte sempre dalla prospettiva di un’ecologia integrale come quella che ci proponeva già il libro della Genesi[37] nei suoi primi capitoli e ci ha riproposto Papa Francesco in Laudato sì: «Se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali. Quando il pensiero cristiano rivendica per l’essere umano un peculiare valore al di sopra delle altre creature, dà spazio alla valorizzazione di ogni persona umana, e così stimola il riconoscimento dell’altro. L’apertura ad un “tu” in grado di conoscere, amare e dialogare continua ad essere la grande nobiltà della persona umana. Perciò, in ordine ad un’adeguata relazione con il creato, non c’è bisogno di sminuire la dimensione sociale dell’essere umano e neppure la sua dimensione trascendente, la sua apertura al “Tu” divino. Infatti, non si può proporre una relazione con l’ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Sarebbe un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza»[38].


[1] Cfr. Francesco, Videomessaggio del 15 ottobre 2020, in https://www.avvenire.it/papa/pagine/francesco-rilancia-il-patto-educativo-la-diretta (ultima consulta il 23 febbraio 2021). Così spiega il Pontefice questo patto: «È tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature».

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] Benedetto XVI, Lettera alla Diocesi di Roma, 21 gennaio 2008, in http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2008/documents/hf_ben-xvi_let_20080121_educazione.html (ultima consulta il 28 febbraio 2021)

[5] Francesco, Videomessaggio. Il Papa: catastrofe educativa, un piano globale in sette punti, cit.

[6] P. Donati, La famiglia. Il genoma che fa vivere la società, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013, 225.

[7] Benedetto XVI, Lettera alla Diocesi di Roma, cit.

[8] H. Franceschi – J. Carreras, Antropología jurídica de la sexualidad, ETDB, Caracas 2000.

[9] Aristotele, Politica, I, 2, 1252, b 32-34. Per un interessante studio del concetto teleologico della natura si veda R. Spaemann, Lo natural y lo racional, Rialp, Madrid 1989; Id., Concetti morali fondamentali, Piemme, Casale Monferrato 1993.

[10] Francesco, Discorso alla Rota Romana, 25 gennaio 2020, in L’Osservatore Romano, 26 gennaio 2020.

[11] Cfr. P. Donati, La famiglia. Il genoma che fa vivere la società, cit.

[12] I. Lloréns (a cura di), La dimensione familiare della scuola, Edusc, Roma 2020, 136 pp.

[13] Francesco, Es. Ap. Amoris laetitia, 56.

[14] J. T. Martín de Agar, La scuola come prolungamento della famiglia nel Magistero e nella disciplina della Chiesa, in I. Llorens (a cura di), La dimensione familiare della scuola, cit., 13-38.

[15] Ibid.

[16] P. Premoli De Marchi, Il rapporto educativo genitori-figli dalla prospettiva dell’antropologia filosofica, in Ibid., 39-68.

[17] Cfr. B. Bueb, Le nove regole della scuola, Rizzoli, Milano 2009.

[18] P. Premoli De Marchi, Il rapporto…, cit., 65.

[19] Cfr. J. Hervada, Obligaciones esenciales del matrimonio, in J. A. Fuentes (a cura di), Incapacidad consensual para las obligaciones matrimoniales, Eunsa, Pamplona 1991, 13-44.

[20] Francesco, Es. Ap. Amoris laetitia, 280-286; cfr. anche Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 37: «L’educazione sessuale, diritto e dovere fondamentale dei genitori, deve attuarsi sempre sotto la loro guida sollecita, sia in casa sia nei centri educativi da essi scelti e controllati. In questo senso la Chiesa ribadisce la legge della sussidiarietà, che la scuola è tenuta ad osservare quando coopera all’educazione sessuale, collocandosi nello spirito stesso che anima i genitori».

[21] In questo canone riecheggia il noto testo di Gravissimum educationis, 28 otttobre 1965, n. 3: «I genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l’obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa. Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale».

[22] E. Caparrós, Comentario al can. 226, in Aa.Vv., Comentario Exegético al Código de Derecho Canónico, vol. II/1, Pamplona 20023, 175-176 (la traduzione è mia).

[23] Francesco, Es. Ap. Amoris laetitia, cap. VII. Rafforzare l’educazione dei figli (259-290).

[24] Ibid., 84.

[25] A. Aguiló, La promozione dei diritti della famiglia in ambito scolastico, in I. Lloréns, La dimensione familiare della scuola, cit., 134.

[26] P. Donati, Il genoma sociale della famiglia e i suoi beni relazionali (pro manuscripto).

[27] Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, titolo del n. 17.

[28] J. T. Martín de Agar, La scuola come prolungamento della famiglia…, cit., 37.

[29] Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 40.

[30] Can. 226 § 2 CIC: «I genitori, poiché hanno dato ai figli la vita, hanno l’obbligo gravissimo e il diritto di educarli; perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare l’educazione cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa».

[31] Francesco, Amoris laetitia, 278.

[32] Giovanni Paolo II, Lettera alle Famiglie, 9: «Mediante la comunione di persone, che si attua nel matrimonio, l’uomo e la donna danno inizio alla famiglia. Con la famiglia si collega la genealogia di ogni uomo: la genealogia della persona»

[33] Cfr. Ibid., 10.

[34] Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 66; Francesco, Amoris laetitia, 280-286.

[35] Francesco, Laudato sì, 216-221.

[36] Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus, 38.

[37] Sulla questione dell’armonia tra l’uomo e la donna e tra loro e il resto del creato, vid., in modo particolare, Genesi, 2, 1-25.

[38] Francesco, Enc. Laudato sì, 109.