di Mariolina Ceriotti Migliarese

Ognuno di noi ha qualche credito nei confronti della vita. Spesso si tratta di crediti antichi, legati alle prime relazioni, che sono sempre imperfette: i nostri genitori non hanno saputo amarci abbastanza; il papà era prepotente, o assente, o forse troppo narcisista; la mamma era distratta, troppo occupata, oppure preferiva un fratello… E così via. Anche se fanno del loro meglio, i genitori sono solo persone con le loro fatiche, i loro problemi e le loro imperfezioni; persone che mettono al mondo i figli non perché hanno raggiunto competenza e solidità, ma mentre stanno lottando per raggiungerle. Persone che sbagliano e che sono alle prese con le fatiche della vita. L’amore che riceviamo nell’ infanzia perciò è sempre incompleto e lascia qualche ferita: ferite che rimarranno in noi come piccole, grandi cicatrici e incideranno anche sul modo in cui costruiremo le nostre relazioni. Proprio per questo, quando incontriamo difficoltà relazionali nella vita adulta la tentazione è spesso quella di sfuggire al confronto con le nostre responsabilità personali: se siamo fragili, se sbagliamo, se non riusciamo a costruire buone relazioni, è per ciò che non abbiamo ricevuto: siamo fragili perché non ci è stato dato ciò che ci era necessario per diventare più forti. Ci sentiamo soprattutto dei creditori, cui la vita è tenuta a dare un risarcimento.

Nelle psicoterapie, dove la rilettura della biografia personale è particolarmente importante, è molto facile rinforzare questa tentazione: rileggendo la nostra storia incontriamo non solo ciò che ci è mancato, ma anche ciò che era oggettivamente sbagliato; incontriamo il male ricevuto, gli errori non sempre innocenti degli adulti che avrebbero dovuto sostenerci, le dinamiche che ci hanno imprigionato e ci impediscono di andare avanti.

Questa crescente consapevolezza accentua la percezione di credito, e può anche renderci più insofferenti verso ciò che nel presente ci manca: perché dovremmo continuare ad accettare un marito che non sa amarci secondo i nostri bisogni o una moglie che non ci risarcisce per la stima non ricevuta? Se il passato ci ha fatto mancare ciò che avevamo diritto di ricevere, non permetteremo al presente di continuare a farlo.

Senza che ce ne rendiamo conto, il vissuto del creditore perenne ci inchioda in una posizione pericolosa, che toglie libertà: ci convinciamo che se non abbiamo ricevuto non potremo dare; ci mettiamo alla ricerca di ciò che sanerà le mancanze, e pensiamo che solo allora potremo essere felici.

Ma il passato non può mai essere cancellato: il passato può essere ricostruito, ma non modificato. Leggerlo e comprenderlo può però mettere nelle nostre mani uno strumento prezioso, che ci permette di scegliere come agire con più libertà nel presente e nel futuro. Nessuna vicenda del passato, per quanto dolorosa o difficile, costituisce di per sé un’ipoteca definitiva per la nostra vita: tutto dipende da cosa possiamo imparare a farne.

Ci sono cose che non potranno mai essere risarcite, ferite che lasceranno traccia per sempre; ma saper andare oltre il passato e abbandonare l’illusione infantile di poter trovare il risarcimento tanto desiderato ci introduce in una nuova libertà: la libertà adulta di scegliere passo dopo passo la nostra vita, nella consapevolezza serena e finalmente pacificata dei nostri limiti e dei limiti inevitabili delle persone che abbiamo amato e di quelle che nel presente cerchiamo di amare.

Fonte: Avvenire