«La precarietà è un sistema, cioè significa ritrovarsi a dire “non avrò mai la sicurezza per fare delle scelte”» e però «è difficile anche avere tutte le sicurezze». Poi c’è «tanto individualismo» e però «maternità e paternità significano rompere l’individualismo, uscire da se stessi». Il cardinale Matteo Zuppi lo spiega chiaro, intervenendo ad “Aspettando il Festival della vita nascente…”, l’incontro organizzato ieri pomeriggio alla Lumsa dalla Rete per la “Giornata della vita nascente” (Gvn).

Bisogna fare analisi e, se necessaria, autocritica: «Abbiamo fatto, abbiamo detto, insisito – va avanti il presidente della Cei –, ma non ha funzionato. E se vogliamo che funzioni, dobbiamo capire cosa non è andata».

I numeri del resto sono impietosi e assai preoccupanti. «L’anno scorso, 2021, ci sono stati 399mila nati, nei primi sei mesi di quest’anno c’è stato il 3% di nati in meno – spiega Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat -. Ogni anno, da un po’ di anni, facciamo il record della più bassa natalità di sempre. La differenza fra nati e morti? «L’anno scorso 709mila morti (a fronte appunto dei 399mila nati, ndr), ma anche prima del Covid la differenza era comunque 214mila morti in più rispetto ai nati». Risultato: «In quattro decenni spariranno 12 milioni d’italiani. Una situazione direi… problematica».

La diagnosi sembra chiara: «Sono anni che diciamo più o meno le stesse cose. Perché non si fanno i figli? – continua Blangiardo –. Perché i figli costano, impegnano, vincolano e via dicendo, richiedono cura» e fra sempre più figli unici e, col cambiamento della famiglia, sempre più single, presto «verrà meno anche la rete del welfare familiare, di aiuti e assistenza che darà la famiglia è già ridimensionata e lo sarà sempre più».

Quindi come si raddrizza la situazione? Ancora il presidente Istat: «Passiamo da “Vuoi fare figli, sono fatti tuoi” a “Li vuoi e sono fatti nostri”», sarebbe a dire «facciamoci carico dell’investimento in capitale umano, perché, per esempio, le pensioni di chi non ha figli le pagheranno i figli di quelli che li hanno».

Eppure «la natalità non è ancora stata presa adeguatamente in carico dalla società e dal mondo politico – aggiunge Francesco Bonini, rettore della Lumsa –, mentre l’esperienza genitoriale andrebbe sempre più valorizzata nella società. E non unicamente solo con aiuti economici, che pure sono necessari e preziosi, ma anche con segni a livello culturale». Mentre – dice l’economista Leonardo Becchetti –, viviamo «il paradosso dei figli, che quando nascono riducono la soddisfazione del tempo libero dei genitori, ma nel tempo aumentano la ricchezza del senso di vita dei genitori». Dunque «i figli sono una ricchezza, ma l’investimento su loro è faticoso. E questo ci dà già elementi importanti sui quali lavorare, come aiutare la conciliazione fra vita di relazioni e vita di lavoro».

L’incontro di ieri pomeriggio, però, «è dedicato ai giovani – racconta Andrea Mazzi, coordinatore Rete per la Gvn – e ci tenevamo a sottolinearlo, perché è proprio con loro che occorre mettersi in dialogo, sono i protagonisti rispetto alla scelta di accogliere nuove vite», e l’analisi di questi anni «mostra da parte loro il desiderio appunto di accogliere vite, ma allo stesso tempo anche un calo in questo senso». Fermo restando che possibilità di azione «l’abbiamo a ogni età e «dovremmo chiederci dove… va a finire», sottolinea il cardinale Zuppi.

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