di Lello Ponticelli, sacerdote e psicologo
Sabato 18 novembre si è vissuta la “Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi” promossa dalla Cei, la terza annuale organizzata dalla Chiesa italiana.
Per la comunità cristiana, insieme alla preghiera, può essere occasione di riflettere sul tema della tutela dei minori come questione educativa. Che significa, e cosa comporta?
Significa anzitutto convincersi che essa non è un problema da affrontare unicamente in ambito terapeutico e/o penale; nemmeno è inerente ai soli abusi sessuali. Vanno considerati seriamente, infatti, l’abuso di potere, di coscienza e l’abuso spirituale: anche questi fanno grande danno. La tutela dei minori, poi, non può essere risolta attraverso gli slogan. Il rischio di operazioni gattopardesche è sempre in agguato, anche nella comunità cristiana: scardinare mentalità che hanno giustificato silenzi, omissioni, coperture e atteggiamenti difensivisti non è cosa di poco tempo, e trova molte resistenze.
Se diventa una questione educativa, inoltre, la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili va estesa alle ulteriori, molteplici forme di abuso sovente testimoniate dalla cronaca. Penso ad esempio a diffuse forme di trascuratezza, dove tanti bambini sono lasciati nella più completa solitudine relazionale, oppure diventano terreno di manipolazione e di battaglia tra i genitori.
Ne consegue che non si può non ripartire proprio da loro – i genitori – e da quanti – in loro assenza, o per loro incapacità – ne ricevono la responsabilità per supplenza: questo esige il dare concretezza all’alleanza educativa, ricordando che, oltre ai minori a rischio, ci sono pure contesti a rischio. A tal proposito è da evidenziare «il fallimento di una rete sociale e territoriale che si muove prevalentemente in ottica di bandi e progetti e la discontinuità che ne deriva a scapito della presa in carico, del monitoraggio e dell’intervento mirato» (Angela Mona).
Vista come questione educativa, la tutela dei minori esige, in più, una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti gli adulti – non solo i genitori –, chiamati ad agire come una comunità educante che permette ai suoi bambini, ragazzi e persone adulte vulnerabili, di sentire tutto l’amore, il rispetto e la difesa cui hanno diritto in quanto persone uniche e portatrici di mistero, sogni e bisogni.
Non ci sarà, invece, tutela vera fino a quando anche un solo adulto non osserverà in maniera puntuale, competente e integrale i propri doveri nei riguardi dei minori: per ogni suo dovere inadempiuto – soprattutto in ambito educativo – c’è un bambino, un ragazzo o una persona vulnerabile privata del suo diritto a uno sviluppo sano e integrale.
Per la comunità cristiana per giunta, come si ricorda in un sussidio della Cei sul tema, si tratta di ribadire il valore educativo di ciascun operatore pastorale. Ognuno di loro con la sua presenza, lo stile, la testimonianza, ha una valenza educativa o – purtroppo – diseducativa nei confronti dei minori e/o degli adulti vulnerabili. Perciò è necessario fare di più sia sul piano del discernimento sia su quello dell’informazione e della formazione di tutti coloro che cooperano alla missione educativa della comunità.
A ciascuno va chiesta la consapevolezza di trovarsi di fronte a un vero e proprio mandato che impone anzitutto doveri di formazione iniziale e permanente, poi di costante verifica e, all’occorrenza, di avvicendamento. La tutela dei minori, però, di certo non si affronta favorendo un clima di sospetto indiscriminato e diffuso: sarebbe un altro modo di rubare speranza e fiducia a cuori fragili. Infine, per quanto possa essere difficile e susciti resistenze personali e collettive, è necessario farsi carico anche di chi ha commesso gli abusi: sia perché non nuoccia ancora, sia perché possa fare un percorso di redenzione e riparazione.
Un certo giustizialismo non aiuta nessuno, nemmeno i sopravvissuti. La Giornata di preghiera diventi per tutti opportunità per riflettere e per esser segno della presenza di quel Signore che cura le piaghe della bellezza ferita nei suoi piccoli.
Fonte: Avvenire