Se, nella quarantena, l’uso più intenso dei dispositivi di comunicazione è inevitabile, la sfida cui siamo chiamati in questo periodo è quella di mantenere comunque degli spazi e dei momenti in cui non si usa la tecnologia. Ogni famiglia può trovare le soluzioni più adatte alla propria situazione. Spazio alla fantasia…

Stare collegati adesso è indispensabile, per la scuola, il lavoro, la vita sociale. Quello schermo, piccolo o grande che sia, davanti al quale passiamo ore, è oggi la nostra unica finestra verso il mondo esterno. Ma a quarantena inoltrata e in vista di un prossimo, graduale e incerto, ritorno a una situazione più normale emergono anche i molti limiti della comunicazione online e la necessità di trovare nuove forme di bilanciamento tra vita sullo schermo e vita reale. Dopo una prima fase di euforia, tutti noi, anche i ragazzi dalle medie in su, abbiamo sviluppato un atteggiamento critico, rilevando le pecche e le mancanze. Ci siamo resi conto che stare collegati in videoconferenza è faticoso (c’è chi ha già coniato il termine “Zoom fatigue”, “affaticamento da Zoom”, riferendosi al nome di uno dei servizi più usati per le videochiamate a distanza), occorre una dose molto maggiore di concentrazione, anche soltanto per capire quello che l’altro ci sta dicendo. Dobbiamo impegnarci di più per cogliere tutti quei segnali non verbali come il tono della voce, le espressioni facciali che ci aiutano, in modo automatico, a sintonizzarci con il nostro interlocutore in una conversazione faccia a faccia, come spiegano due esperti dell’apprendimento Marissa Shuffler e Gianpiero Petriglieri. In generale è faticoso, a quanto dichiarano anche gli stessi studenti, restare collegati allo schermo, doversi concentrare su quello spazio, limitato, per varie ore.

Se l’uso più intenso dei dispositivi di comunicazione è inevitabile, la sfida cui siamo chiamati in questo periodo è quella di mantenere comunque degli spazi e dei momenti in cui non si usa la tecnologia. Ogni famiglia può trovare le soluzioni più adatte alla propria situazione. E lavorare di fantasia sulle possibili alternative.

Continua a leggere l’articolo di Stefania Garassini (giornalista, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, presidente Aiart Milano) su Punto Famiglia.