di Paola Molteni

Carlotta Cerri, educatrice di formazione montessoriana, lancia un appello a mamme e papà: ribaltate le vecchie prospettive. Più che sull’obbedienza lavoriamo sulla fiducia

È il mestiere più difficile che esista. Quello per cui Donald Winnicott, uno dei più grandi teorici della relazione genitore-figlio, invita ad accontentarsi di essere “sufficientemente buoni”. Mentre per lo psicoanalista Bruno Bettelheim i genitori possono solo augurarsi di diventare “quasi perfetti”.

E se invece a essere sbagliata fosse la prospettiva? Se il segreto per diventare le mamme e i papà migliori fosse proprio l’imperfezione e la libertà di sbagliare?

Ne è convinta Carlotta Cerri, 38enne educatrice di formazione montessoriana, mamma di Oliver, 9 anni ed Emily, 7, che nel suo libro “Cosa sarò da grande” appena pubblicato da Vallardi (lo presenta domani, martedì, alle 18 presso la Libreria Rizzoli Galleria di Milano) lancia un messaggio a tutti i genitori. “Ribaltate le vecchie prospettive, crescete i vostri figli senza l’ansia della perfezione. Soprattutto cercate dentro di voi il modo per educarli, ripartendo da voi stessi, liberandovi di luoghi comuni, vecchi precetti e metodi. Solo così sarete in grado di conoscere davvero i vostri bambini e accompagnarli nella vita”.

L’autrice evidenzia quel vizio di fondo dal quale parte la sua riflessione. “Tutti tendiamo a educare nel modo in cui siamo stati cresciuti. Nel testo ho usato l’immagine della ruota del criceto. Anche noi corriamo senza mai riuscire a staccare, replicando schemi e abitudini che abbiamo appreso e sedimentato, incapaci di metterci in discussione. Al contrario, scegliere di educare diversamente significa decidere di scendere dalla ruota, adottare uno sguardo rinnovato per riconoscere davvero chi sono i nostri figli e chi siamo noi genitori”.

Attorno a questa tesi ruota tutto il lavoro divulgativo di Carlotta, che è anche ideatrice del podcast Educare con calma e del blog latela.com, una vera e propria community dove madri e padri trovano suggerimenti ma anche strumenti ed esercizi pratici per affrontare la quotidianità familiare. Una piattaforma gestita insieme al marito Alex, che ha avuto un ruolo chiave nell’evoluzione del suo indirizzo educativo.

L’autrice lo racconta nel libro. “Quando nel 2007 conobbi mio marito Alex, finlandese, mi si aprì la mente non solo a un tipo di cultura diversa, ma anche a un approccio all’infanzia completamente nuovo per me, che accoglie le emozioni invece di stigmatizzarle, in cui gli adulti si prendono la responsabilità delle proprie azioni, parole e reazioni”.

Un’esperienza assai diversa da quella sperimentata da Carlotta. “Ho capito che da piccola cercavo sempre di compiacere i miei genitori per paura che mi privassero del loro amore. Su quella ruota dove ero salita da bambina continuavo a correre anche da adulta”. È questa consapevolezza che avvicina l’educatrice alla pedagogia Montessori che, in sintesi, si basa sull’indipendenza e sulla libertà di scelta del bambino e punta a sviluppare il suo pensiero critico, la consapevolezza e l’autostima. Carlotta ne abbraccia la filosofia, condivide la sua conoscenza sul blog e in breve tempo diventa una delle prime voci del panorama italiano a diffondere gli insegnamenti di Maria Montessori applicati alla famiglia.

Crea corsi online per genitori che desiderano educare diversamente da come sono stati cresciuti, scrive libri digitali per l’infanzia sull’educazione sessuale, la diversità di genere, la gestione delle crisi. Letture diverse con un unico fine: stimolare i genitori a mettersi in discussione su questioni educative controverse, che spesso diventano tabù.

Con il tempo però la blogger si rende conto che l’insegnamento montessoriano si scontra con dei limiti. “Innanzitutto il metodo stava diventando una moda, un’etichetta per vendere giocattoli, libri e iscrizioni a scuole dell’infanzia private, una tendenza che ha contribuito a creare confusione sui valori reali del suo insegnamento”. Carlotta poi ricorda che fissarsi con ostinazione su un metodo spesso porta a dimenticare le nostre risorse interne, a trascurare “la bussola del buon senso”. “Non abbiamo bisogno di seguire dei copioni”, richiama l’esperta che di nuovo esorta i genitori a cambiare la mentalità tradizionale.

“Più che sull’obbedienza dobbiamo basarci sulla fiducia verso i nostri bambini, sintonizzandoci sulle loro caratteristiche e i loro comportamenti”. Un tipo di relazione che la formatrice chiama “educazione a lungo termine”. “Significa trattare i bambini come persone. Lo spiego nel mio libro. Se un’amica rovescia un bicchiere d’acqua io la aiuto ad asciugare, se lo rovescia mio figlio lo sgrido. Ecco, la genitorialità in cui credo sta proprio in questo: imparare a gestire le proprie emozioni e trovare alternative a urla e castighi. Grazie a questo modello, i nostri figli, da adulti, faranno la cosa giusta perché la sceglieranno e non perché avranno paura della punizione”.

Ed è proprio in questa visione della genitorialità che l’errore assume tutto il suo valore formativo. “Al mio bambino devo dimostrare che anch’io sbaglio, ma posso rimediare, e così lui, a sua volta, saprà accettare i suoi errori senza sentirsi, lui stesso, un fallimento. Un precetto educativo che diventa anche un prezioso antidoto al malessere così diffuso tra i giovani della nostra società dominata dalla performance, dove vali solo se sei perfetto”.

Fonte: Avvenire