di Adriano Bordignon, Presidente Forum delle Associazioni familiari e Direttore Consultorio Centro della Famiglia di Treviso

Laddove c’è fragilità c’è sempre una doppia possibilità: lo scarto ma anche la sorpresa. Il presidente nazionale del Forum riflette sulla tutela della vita in una società che non la rispetta

«La forza della vita ci sorprende». Il titolo del messaggio dei vescovi italiani per la Giornata per la Vita 2024 invita a uno sguardo ampio sulla vita e su tutte le forme di vita negata oggi. La vita in grembo, la vita dei lavoratori, la vita delle donne e quella dei bambini, quella delle popolazioni in guerra e dei migranti, dei malati e dei disabili e degli anziani. Laddove c’è fragilità c’è sempre una doppia possibilità: lo scarto ma anche la sorpresa. Si tratta perciò di lasciarsi stupire e quindi di custodire e promuovere la vita, e la sua dignità, superando il rischio di polarizzazioni e ideologizzazioni, di chi non riesce a riconoscere il valore della vita o di chi si concentra solo su una sua declinazione. Non è possibile salvaguardare una di queste vite negate se non si prendono in considerazione anche le altre forme.

Cambiare sguardo a volte è scomodo e anche scomodante come è avvenuto, ad esempio, in una parrocchia della mia diocesi quando, anche a seguito della morte di un senzatetto, si è scelto di aprire le porte della chiesa per offrire riparo notturno ad alcuni senza dimora. L’esperienza, ancora nel bel mezzo delle sue vicissitudini, ha creato un dissesto nelle dinamiche esistenti ma sta anche offrendo una risposta della comunità molto significativa come esperienza di Vangelo e di cura condivisa.

Un altro cambiamento di sguardo che sollecita la lettera dei vescovi ci invita a cambiare i criteri con cui giudichiamo una vita insignificante o meno degna di attenzione. L’impegno è di attivare uno sguardo inedito sul mondo, trascendendo il dato di fatto come ci viene raccontato, aprendo così strade innovative che siano capaci di mobilitare e valorizzare risorse umane, non ancora riconosciute, impiegate o disperse. Lasciarsi anche stupire dalla capacità di «resilienza per fronteggiare limiti e problemi» che spesso emerge anche in persone
fragili.

Mi viene in mente la storia di Eva di Bologna che non parla e fatica a respirare. Da 17 anni, quando i medici che l’hanno curata fin dall’inizio avevano sentenziato che non sarebbe sopravvissuta che pochi mesi. Eva, mi hanno raccontato i suoi fratelli, vive una battaglia quotidiana e imprevedibile ed ha uno straordinario attaccamento alla vita. Questo suo essere e vivere è diventato un capezzale che rigenera vita e dove vengono “sorpresi” e rigenerati familiari e amici ma anche “scartati” di altri mondi: prostitute, tossicodipendenti, ex carcerati, senzacasa, depressi.

In questa epoca preoccupano poi gli sviluppi tecnologici e legislativi che tendono a spostare sempre oltre l’asticella della disponibilità della vita, legittimando e supportando aspettative di carattere funzionalistico e utilitaristico. I temi dell’utero in affitto e dell’eutanasia sono oggi all’attenzione e ci chiedono la capacità di non operare scelte avventate e superficiali ammantando di abiti attraenti ciò che genera male all’umanità. Abbiamo imparato dalle scelte discriminatorie e ideologiche del passato? Con quale sguardo ci guarderanno le generazioni future? «Deprechiamo giustamente le negazioni della vita perpetrate nel passato – scrivono i vescovi –, siamo sicuri che domani non si guarderà con orrore a quelle di cui siamo oggi indifferenti testimoni o cinici operatori?».

È un interrogativo che ci invita a farci responsabili di attivare uno sguardo di stima molto concreto verso gli altri, riconoscendo ogni vita umana, unica e irripetibile, che vale per sé stessa e costituisce un valore inestimabile. Non si tratta solo di tutelare ogni vita, ma anche di accogliere ogni vita, specialmente la più fragile, riconoscendola come dono alla nostra vita.

Fonte: Avvenire