di Pier Marco Trulli, autore di “Diventerò padre” (San Paolo)

Il cammino è lungo ma la strada per i nuovi padri è tracciata. Un percorso di crescita che parte dal prendersi cura dell’altro e dal riconoscerlo come figlio

Nel mercatino dell’antiquariato c’è certamente posto per un personaggio un po’ passato di moda e scomparso dai radar, che risponde al nome di “padre”. A partire dagli anni Sessanta, infatti, le contestazioni della figura paterna hanno portato ormai ad una considerazione così negativa della figura paterna da decretarne di fatto la morte simbolica. Irrilevante nel contesto familiare, assente nelle dinamiche educative, incapace di lasciarsi alle spalle uno stile di vita adolescenziale, sempre pronto a scappare di fronte alle difficoltà… che ce ne facciamo di questo padre, ormai non più necessario neanche nel momento generativo? Eppure, anche se il mood è decisamente negativo ed essere padri oggi a molti sembra più una sventura che una fortuna, la realtà di nuovo è più forte delle teorie e ci dice che non è proprio tutto perduto, che ci sono padri contenti di vivere questa condizione, di prendersi cura dei figli, insomma di “starci” nella paternità.

Ne ho incontrati tanti, di padri così, mentre preparavo un libro sulla paternità, uscito nei mesi scorsi. Li ho osservati, li ho ascoltati, li ho anche un po’ invidiati, ripensando a quando più di trent’anni fa ho sperimentato anch’io per la prima volta questa dimensione. Che mi ha cambiato, così come sta cambiando questi ragazzi intorno ai trent’anni che si affacciano sul mondo dei nuovi padri. Li ho ritrovati di nuovo, in giro per l’Italia, nei vari incontri, presentando il libro o parlando delle relazioni di coppia e familiari. Spesso li vedi molto presi nel loro ruolo, vicini alle madri, orgogliosi dei nuovi arrivati. Un po’ goffi un po’ teneri, disposti anche a non nascondere le loro fragilità, che certamente ci sono. Ma anche disposti ad affrontare le notti più o meno insonni, le malattie dei figli (e appresso a loro dei genitori), complici delle madri in questa esperienza nuova e che comunque li appaga.

Certo, si fatica un po’ quando si deve ripensare il calcetto o altri momenti tipici di una certa maschilità gregaria, come ha giustamente scritto Riccardo Mensuali. Fra i nuovi padri la dimensione ludica e la voglia di branco è sempre molto forte, ma queste esigenze – se vissute con equilibrio – trovano comprensione e tolleranza nelle loro partner. Il cammino è lungo e c’è molto da fare per consolidare la nuova realtà dei padri di oggi. Del resto, ad essere padri non ci si nasce, ma si impara: è un percorso di crescita che parte dal prendersi cura dell’altro e dal riconoscerlo come figlio, per poi arrivare a vivere la relazione in maniera piena e autentica.

È necessario decentrarsi e fare spazio al nuovo nato, che ha bisogno di un sostegno e di un pensiero costante per diventare grande: non una cosa facile, per chi è immerso in questa società narcisista. Alla fine, i padri di oggi mostrano una virilità antica ma sempre nuova, che sa adattarsi ai nostri tempi, così fluidi e incerti, senza rinunciare ad un compito che pian piano diventa identità e consapevolezza delle proprie forze. Lasciarsi alle spalle ideologie svuotate di senso e luoghi comuni non sarà facile, ma la via per una paternità contemporanea, non meno efficace, è aperta.

Fonte: Avvenire